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Il destino dell'avvocato incrocia quello di Nencini, nipote del vincitore di Giro e Tour
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Il weekend ci rivelerà se Giuseppe Conte resta, rimpasta, ripropone o fa le valigie e lascia Palazzo Chigi per tornare a fare l’avvocato (sicuramente di grido meritato) o se, invece, si dedicherà a preparare una campagna elettorale a capo dei Cinquestelle organici col mite Pd o addirittura con un suo movimento/partito politico. Di sicuro in questo week end la politica italiana può sobbalzare e aprire scenari nuovi e imprevedibili.

Per esempio che cosa ne sarà dei Cinquestelle? Già divisi in anteprima a Genova con le fughe di Paolo Putti, consigliere perbene, in dissenso con il fondatore dal 2016, di Marika Cassimatis, insegnante battagliera, nel 2017 e di Alice Salvatore, volto storico del successo grillino ligure, nel 2020, e ora scaraventati davanti a una scissione ormai di fatto dopo le pesantissime dichiarazioni fatte venerdì scorso da Di Battista contro l’ipotesi di riallacciare i rapporti con Matteo Renzi.

Ma quello che diventa più intrigante (per chi ancora ha tempo e voglia di stare dietro alla politica italiana, sempre più dorotea) è declinare su Genova (e sulla Liguria) l’ipotesi tutt’altro che fantasiosa del partito di Conte.
D’altronde il presidente del Consiglio, destro-sinistro-centro, non ha fatto male nei due anni, galleggiando con abilità democristiana (titolo di merito) nel marasma del 2019, conquistando la cassaforte dell’Europa che con i sovranisti al potere ci guardava male assai, e affrontando con serietà la catastrofe immane della pandemia in un Paese dove da Craxi in avanti (D’Alema, Prodi, Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni ecc.) la sanità pubblica è stata sistematicamente demolita con lo slogan unificante “Tagliare tagliare tagliare”.

Insomma, chi potrebbero essere i contiani di Genova?
Liberalprogressisti? Socialriformisti? Demopopulisti? Grilloeuropeisti? Anarcocristiani?
Tutti vanno bene a partire proprio dai Cinquestelle, magari spaccati e , perché no? dagli stessi piddini , lacerati dalla divisione renziana e dalle delusioni locali dopo la sconfitta pesante delle Comunali e delle Regionali.
Conte, probabilmente, troverebbe consensi. Intanto dal popolo dei non votanti cronici, se i sondaggi che lo danno come il leader politico più gradito degli ultimi tempi fossero confermati e fosse confermato quel 9 per cento che viene accreditato concordemente a un suo movimento.

A Genova ci sarebbero in fila in avanscoperta i soliti noti, quelli che, a ogni soffio di partitello centrista, dal dopoguerra a oggi, sfrigolano, organizzano convegni sul futuro del mondo, conferenze imprenditorial-chic in onore del presunto neo leader, e una volta, vincendo la proverbiale parsimonia, addirittura offrivano cene finto riservate. C’é addirittura, leggo su Decimonono, un consigliere di Palazzo Tursi che ha già depositato il nome del nuovo partito: ConTe-Contiamo, che ha il sapore di una canzone d’antan da Festival di Sanremo anni Sessanta (“Con te contiamo…di Pallavicini, Bardotti, Mariano, canta Timi Yuro! Dirige l’orchestra il maestro Iller Pattaccini…”). Deposito fatto a sua insaputa, cioè a insaputa del Conte stesso… Consigliere che, leggo nel curriculum-stampa, annovera qualche passaggio di confine: da una lista pro-Putin anti-sanzioni alla Madre Russia (ottobre 2016) a “Vince Genova” del sindaco Bucci a Fratelli d’Italia con la Meloni, oggi al Psi di Riccardo Nencini. Il segretario socialista diventato famoso non per essere nipote del corridore vincitore di Giro e Tour tra 1957 e 1960, ma per avere consentito a Renzi di formare il suo gruppo di neoviventi in Parlamento, con un “raffinato” marchingegno della politica italiana. Insomma nell’anno centenario del Pci anche i socialisti sono tornati in consiglio comunale a Genova. Ma potrebbero trasformarsi in Contiani/ Contisti/Con Te.

Capite, allora, l’importanza storica del week end che stiamo vivendo?

Decliniamo per gioco ancora sul locale. Movimenti, avances, dietrofront che appaiono a un anno dalle elezioni del sindaco di Genova e che riguardano, direttamente o di rimbalzo, i gruppi più importanti. Nomi e cognomi, nuovi e vecchi o vecchissimi, manager e “monager” , come li chiamava Alberto Gagliardi, all’insegna del “piccolo è bello”.
Intanto c’è sempre tempo e modo di cambiare. Basta trovare un ciclista sulla strada.