politica

Serviranno un altro giro di consultazioni e forse un incarico esplorativo a Fico
2 minuti e 5 secondi di lettura
 Il fattore umano. C'è poca politica e molta antropologia in questa crisi, nata sembrerebbe per un'idiosincrasia personale di Renzi verso Conte, che pure aveva sorretto nel disinvolto cambio di alleanza dell'estate 2019. Forse l'ex primo ministro pensava di liberarsi del successore in tempi brevi, prima che la pandemia inceppasse il calendario delle istituzioni. L'impazienza ha potuto più dell'opportunità ed ecco che il primo giro di consultazioni si è chiuso con un punto fermo: Renzi chiede solo che a Palazzo Chigi cambi l'inquilino, poi quasi tutte le formule vanno bene.

Secondo il capo di Italia Viva, in assenza di un nuovo presidente incaricato l'arruolamento di transfughi dall'opposizione non basterà a compensare la defezione dei suoi parlamentari. A poco vale la compattezza figurativa espressa dai capidelegazione di PD e M5S nel colloquio con Mattarella, in un salone del Quirinale spettralmente rimodulato secondo le regole anticontagio.

Renzi non potrebbe stravincere: nel caso ottenesse la testa di Conte, indicare il successore toccherebbe – nella sostanza oltre che nella forma - al capo dello Stato, d'accordo con i potenziali azionisti della nuova maggioranza allargata a Forza Italia e ai pianetini centristi. Potrebbe quindi servire un mandato intermedio, istituzionalmente riferito al presidente della Camera Roberto Fico, alla cui prevedibile infruttuosità seguirebbe l'incarico a una figura in grado di raccogliere il massimo grado di consensi.

Accanto a Marta Cartabia, presidente emerito della Consulta e professoressa di diritto costituzionale alla Bocconi, si sono affiancati nelle ultime ore i nomi di David Sassoli, ex conduttore del Tg1 oggi presidente del Parlamento Europeo con incarico in scadenza, e di Elisabetta Belloni segretario generale della Farnesina.

L'ipotesi del voto anticipato sembra sempre più una pistola scarica poggiata sul tavolo della trattativa: nessuno vuole davvero andare ad elezioni, chi per il terrore di perdere il seggio e chi per la paura di dover prendere il timone del Paese in una situazione postbellica, con un'assunzione di responsabilità rispetto a scelte complicate, più facili da far accettare al Paese in un quadro di massima condivisione trasversale.

L'ampliamento della maggioranza dovrebbe influire innanzitutto sulla nuova legge elettorale che, a quasi un trentennio dalla svolta maggioritaria peraltro via via depotenziata, dovrebbe celebrare il ritorno a quel proporzionale puro che era stato accantonato perché giudicato fonte di clientelismo, fattore di instabilità e propellente per il debito pubblico. Quindi tra poco più di un anno questo Parlamento, ultimo nella composizione 630+315, dovrà eleggere il successore di Mattarella. Ma questa è un'altra partita davvero.