cronaca

Decarbonizzazione totale o chiusura dell'area a caldo
2 minuti e 47 secondi di lettura

Anche lo stabilimento ArcelorMittal di Genova coinvolto nei due scenari alternativi che, in merito al futuro del siderurgico, ArcelorMittal Italia a Taranto, dovrà approfondire il tavolo di programma proposto da Regione Puglia e Comune di Taranto (prima riunione il 9 dicembre). In entrambe le ipotesi al vaglio, verrebbero però risimensionate le lavorazioni nell'ex Ilva di Genova, e ridimensionato anche l'indotto. Si parla di 4200 esuberi nel primo scenario, e di 4600 nel secondo.



Obiettivo dell'incontro: superare la presenza dell'area a caldo nello
stabilimento. Nella prima ipotesi in discussione si punta alla decarbonizzazione totale del siderurgico contro quella ritenuta "parziale" dell'imminente accordo tra ArcelorMittal Italia e Invitalia. Non è prevista nessuna presenza di batterie della cokeria, ne' dell'agglomerato, l'area che prepara le materie prime, che invece è mantenuta nell'accordo di coinvestimento dello Stato. Ne' si prevede, al momento, la costituzione di una newco per il preridotto, che serve ad alimentare gli impianti.

C'è poi uno scenario più forte e che coinvolgerebbe i lavoratori dello stabilimento ArcelorMittal di Genova, ma il comune, pur affermando che si ha la "completa sostenibilità ambientale", avverte in proposito: "difficile sostenibilità economica nel lungo periodo, esuberi e indotto sensibilmente ridimensionati". In questo secondo scenario non si parla più di decarbonizzazione totale ma di chiusura dell'area a caldo con tutte le conseguenze del caso sul fronte occupazionale. "Scarsamente utile" sarebbe la valutazione di impatto sanitario. Si ipotizza solo una lavorazione di bramme di acciaio e lamiere, non ci sono altiforni, acciaierie e nemmeno forni elettrici, ma la produzione a regime non e' più di 8 milioni di tonnellate, ma di 5,4 milioni di tonnellate, anche qui tutte decarbonizzate. Più alti gli investimenti necessari: dai 7 ai 10 miliardi. Verrebbero poi ridimensionate le lavorazioni a Genova, ridimensionato anche l'indotto, ma gli esuberi sarebbero 4600 e non i 4200 del primo scenario.

Per gli investimenti, il primo scenario prevede 2 miliardi, più 50-60 per cento dei costi, contro 1,2 miliardi dell'accordo. Mantenuta la possibilità che Genova faccia le lavorazioni a freddo, mentre sull'occupazione, i numeri divergono significativamente. Se l'accordo ArcelorMittal Italia-Invitalia salva a regime, nel 2025 e dopo una transizione con la cassa integrazione, gli attuali 10.700 occupati, nel primo scenario degli enti locali ci sono 4200 esuberi.

Gli impianti dri, per il preridotto, nel primo caso sarebbero pero' 4 e non 2 e i forni elettrici ad arco 4 e non 1. Nessun altoforno tradizionale come quelli attualmente presenti. Anche nel primo scenario alternativo sott'esame, così come nell'accordo in arrivo, l'avvio degli impianti è collocato nel 2024 e si prevede una produzione di 8 milioni di tonnellate. Tutte decarbonizzate, mentre nell'intesa sarebbero solo 2,4 milioni di tonnellate. Si definisce poi "pianificabile" l'arretramento dello stabilimento, non previsto, invece, nell'accordo tra privato e Stato.

Verrebbe poi introdotta la valutazione di impatto sanitario, che per gli enti locali è assente nell'intesa Stato-privato. Inoltre, andrebbero valutate le situazioni dell'indotto e dei 1600 cassintegrati di Ilva in amministrazione straordinaria. Due aspetti di cui, per il comune, l'accordo prossimo alla firma non considera. Per la governance dello stabilimento, si chiede l'introduzione della comunità locale mentre ora si parla di gestione a tre: ArcelorMittal Italia, Invitalia e Ilva in amministrazione straordinaria (quest'ultima proprietaria degli impianti). Esiti attesi dagli enti locali da questo scenario: uso fondi Recovery Plan, transizione verso tecnologie sostenibili, gestione di riconversione, bonifiche ed esuberi, vera decarbonizzazione.