cronaca

E sulla situazione al Sud: "Pochi casi non posso mettere in difficoltà un reparto di terapia intensiva"
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 "Arrivare a pensare solo lontanamente ad un lockdown è anacronistico. Valutiamo caso per caso, poi non lo chiamerei così ma rinforzo delle misure di contenimento. La chiusura totale di marzo-aprile non avverrà mai più, oggi l'Italia non è in pericolo: 200 persone in terapia intensiva su 50mila casi vuole dire 0,5% del totale di pazienti che hanno una malattia leggermente più grave". Lo sottolinea Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova, commentando la possibilità, visto l'aumento progressivo dei casi in Italia, del ritorno a zone rosse e lockdown localizzati.

"Alcune Regioni, al Sud, mi dicono che hanno problemi. Forse perché nei mesi di calo dei casi invece di fare le 'formiche' hanno fatto le 'cicale', pochi casi non posso mettere in difficoltà un reparto di terapia intensiva - osserva Bassetti - Ora occorre tamponare chi ne ha bisogno, se ci sono realtà dove scoppiano focolai si può intervenire con inasprimento delle misure di controllo e di contenimento. Ma non guardiamo al lockdown deciso in Israele, è una situazione completamente diversa dalla nostra. Anche in Francia e in Inghilterra stanno inasprendo le misure di contenimento ma non chiudono nulla. Minacciare chiusure domani non fa ottenere nulla - conclude l'infettivologo - occorre spiegare alle persone cosa fare. Dobbiamo far sì che tutti si convincano della bontà delle misure che proponiamo, dialogare di più e imporre di meno"