Quando una corsa “Monumento” come la Milano – Sanremo viene rifiutata da 13 sindaci della riviera di ponente, alla vigilia di una campagna elettorale per le elezioni regionali, risulta difficile, in un territorio come quello di Liguria, parlare di progetti culturali legati alle due ruote.
Ma se, nel recente caso dell’agosto 2020, sono stati protagonisti di una crociata senza senso, indotta da presunti disagi ai turisti e da potenziali rischi Covid di una gara senza pubblico, soprattutto, amministratori di centro destra, come quelli di Savona e Loano, va pure ricordato che, a Genova, governi comunali e regionali di centro sinistra avevano portato vicino alla morte la gloriosa storia del Giro dell’Appennino salvato con due arrivi consecutivi sul lungomare di Chiavari. Ulteriore segno che, a ogni livello, sono le persone a determinare sensibilità, valore e differenze.
La riflessione merita un approfondimento con l’interesse del 2020 che, razionalmente, va tenuto a mente, resta annata senza precedenti per via di un calendario degli atleti stravolto causa Covid. Tuttavia, rivedere campioni di prima fascia sulle strade di un Appennino in onda nelle stesse ore del Tour de France spalanca il cuore.
La narrazione – termine moderno, spesso, senza sostanza – di questa manifestazione è quasi un secolo dai grandi contenuti con firme da capogiro: da Coppi a Gimondi, da Baronchelli a Pantani, da Nibali a Froome. Ma sono persone e posti a rendere unico un tracciato, oggi, con traguardo nel salotto di via XX Settembre per regalare al mondo la cartolina di piazza De Ferrari che anticipa di un giorno quella dei Campi Elisi parigini.
Ricordi e sentimenti di chi ama il ciclismo e la propria terra. Episodi rimasti, per troppi decenni, al chiuso delle singole famiglie e che, invece, dovrebbero diventare patrimonio di una collettività per una ricchezza ben superiore allo sport.
L’Appennino è storia popolare di Valpolcevera e pure di Vallescrivia, rimarcata quest’anno dal pregevole ritorno sotto il Castello della Pietra e attraverso gli affascinanti tornanti che conducono a Crocefieschi. Ulteriore testimonianza, l’immagine 1964 offerta da Fulvio Rapetti, nipote del patron Pistin Ghiglione, con Angela Brambati dei Ricchi&Poveri madrina del podio al fianco di Franco Cribiori.
Ai giovani millenials manca l’emozione di un incontro ravvicinato con un grande campione alla punzonatura - il foglio iscrizioni - della vigilia presso l’ex municipio polceverasco di via Poli. Ai ragazzi del 2020 viene meno la speranza di un incontro, a tu per tu, con i grandi nomi visti in tv. Momenti che chi festeggia compleanni dai 35 in avanti ha vissuto nel proprio cuore e nessun ciclismo votato ai soldi potrà mai cancellare.
Salire da bambini insieme al proprio papà sulla Bocchetta e farlo dai Giovi in sella a un cinquantino resta l’immagine della festa. Una scelta infarcita, pure, da un certo sacrificio fisico. In mezzo al bosco, il motorino arrivava fin dove poteva, poi, avanti a piedi con buona gamba. E al ritorno ancora più veloce perché l’obiettivo doveva essere il doppio passaggio: vedere i primi transitare davanti al monumento di Pistin sulla vetta e poi scrutare, a bordo strada, l’avvio della planata sui 472 metri del Passo tra Scrivia e Polcevera che, dopo aver scalato la Castagnola, avrebbe proiettato il gruppo a Pontedecimo.
Aneddoti memorabili. Emozioni non più conservabili nei cassetti.
cronaca
Giro dell’Appennino evento di un popolo
Domani la presentazione nelle sale dell'Acquario, sabato la corsa
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