Ariel Dello Strologo e Ferruccio Sansa sono due affermati professionisti lanciati come candidabili al governo della Liguria nell’accordo Pd-M5S-Sinistra e chissà? Italia Viva. Ma appaiono così diversi che sembra ardua la scelta dell’uno o dell’altro da parte dei due gruppi politici che li sponsorizzano. Sono tutti e due espressione della buona borghesia progressista della città. Il tentativo dei progressisti è di replicare in Regione il colpo fatto a Genova tra il 1997 e il 2007 con Beppe Pericu. Impresa che appare molto difficile, ma non impossibile, quindi va tenacemente tentata.
Un segnale è che il Pd ligure, in nome dell’alleanza, rinuncia a puntare su un nome interno nuovo, per esempio quello dì un giovane sindaco, come Valentina Ghio o ex sindaco come Enrico Ioculano, preferendo pescare nel solco della tradizione borghese di solida coscienza democratica, ma poco popolare. Chi hanno ascoltato in questi mesi i nuovi dirigenti del Pd? Gli abitanti di Certosa devastati dal crollo del ponte Morandi o quelli di Castelletto? Mentre i Cinquestelle, perduta Alice Salvatore che si candida con il suo movimento di Buonsenso, a suo tempo scelta dai Rousseau , ora si orientano su un giornalista, firma del “Fatto Quotidiano”.
Allora tra i due opposti spunta il professor Aristide Massardo, illustre docente di Ingegneria, come ipotesi di una scelta condivisibile. Ma il nodo da risolvere non si scioglie nemmeno con questo ultimo nome. Almeno stando ai rumors della politica. Unisce davvero le due aree o forse é troppo “indipendente” da tutte e due? L’unica cosa abbastanza chiara è che nessuno dei due gruppi può puntare su un suo personaggio interno o, come si dice “iscritto”. Dovrebbero lavorare insieme per sviscerare un nome condiviso, ma questo metodo appare complicato. Il futuro così breve (voto il 20 settembre?) sembra aprire la strada solo a figure di spicco, conosciute, popolari, per poter essere in grado, in pochissimo tempo e in una situazione emergenziale senza precedenti, di ostacolare il cammino del governatore uscente, Giovanni Toti, che a oggi può solo temere qualche inatteso colpo proveniente dal “fuoco amico”.
Nomi conosciuti che non avrebbero bisogno di raccontare chi sono, che vantano un passato autorevole e , magari, qualche competenza amministrativa. Ma esterni, anzi, esternissimi a l’uno e all’altro campo. Se era difficile trovare un personaggio del genere e con queste caratteristiche in una situazione di normalità, come fino a quattro mesi fa, anche se si trattava di una normalità complicata dalle crisi continue del nostro territorio (ponte, isolamento, lavoro), immaginiamo sia una impresa titanica cercarlo oggi, nel pieno di una fase 3 del virus, zeppa di incognite, dove la cosa più facile per un politico o un aspirante tale è di bruciarsi rapidamente.
Le modeste e scarse officine della politica hanno prodotto poco nei terribili mesi dell’isolamento e il risultato è un’ assenza di programmi concreti a parte ribadire fino alla noia che bisogna cambiare la sanità quando, in maniera assolutamente bipartisan, nazionale e locale, negli anni passati a cominciare dal 1992 questa è stata sistematicamente demolita, ritenendo che la sanità pubblica e territoriale, a cominciare dalla rete dei medici che allora si chiamavano di base e funzionavano molto bene, fosse una scelta nefasta.
Puntando tutto sugli ospedali-eccellenze (difficili di costruire senza soldi, dirottati su altri campi più economicamente proficui) e eliminando perché costosi o addirittura “rischiosi” quelli più piccoli senza sostituirli con “qualche cosa d’altro” che fosse vicina alla gente e funzionasse da filtro. Una linea di demolizione condivisa da destra, centro e sinistra. Su queste basi, oggi , scegliere un nome forte e accettato dagli alleati di una precaria collaborazione nazionale è una bella impresa. A meno che non salti fuori un Conte locale, ignoto, ma così abile e scaltro da sparigliare le carte più o meno messe sul tavolo fino a oggi. “Vaste programme” direbbe il generale De Gaulle.
Il povero popolo progressista ligure meriterebbe finalmente un candidato di opposizione al centrodestra, di quelli che hanno le caratteristiche di appeal e competenza tali da dare del filo da torcere al collaudato governatore. Le prossime settimane o addirittura i prossimi giorni potrebbero riservare sorprese o amare delusioni. E, visto che tanto per cambiare anche questa volta la Liguria è destinata a diventare l’ennesimo “laboratorio” di una nuova politica (questi laboratori non portano molto bene…), l’attesa è agitata. Più che tra i confini locali, nelle sedi nazionali, dove il voto ligure insieme a quello veneto, toscano, pugliese e campano può rappresentare la tenuta o lo sfascio del governo dell’”avvocato del popolo”.
politica
L’ardua impresa dei progressisti: trovare un Conte in Liguria
Verso le elezioni regionali
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