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Il sodalizio che raggruppa molti sostenitori italiani si allinea al dissenso continentale
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Anche la Federsupporters fa propria la protesta europea contro la ripresa del calcio a spalti vuoti.


"Quello che sta accadendo - dice il presidente Federsupporters Alfredo Parisi - in queste ultime settimane, pur in un contesto di generale disorientamento e preoccupazione, e cioè la “tragedia” del mondo del calcio, mi lascia esterrefatto.
E sono sempre più convinto che ci troviamo di fronte ad una vera e propria strategia – “panem et circenses” – volta a distogliere l’attenzione dai veri problemi di una società allo sbando e di un mondo, quello del calcio, in agonia.
Una strategia che, come insegna il Poeta latino Giovenale ( I sec. D.C.), permette di governare in modo assolutistico e lontano dalle reali esigenze di un popolo: “Il popolo desidera ansiosamente solo due cose, il pane e i giochi del circo”.
Ma forse, limitatamente a questo aspetto della nostra quotidianità, il calcio, qualcosa sta accadendo: “Una rivolta ? No una rivoluzione”, parafrasando il dialogo tra Luigi XVI ed il Duca di Liancourt, in occasione della presa della Bastiglia.
Infatti, una notizia del 13 aprile su www.liberation.fr/sports” a firma Domien Dole (Coronavirus: les ultras disent non à une riprese premature du football”) mi ha colpito particolarmente.
Notizia ripresa dal sito “Sport People” il 17 maggio (“Gli Ultras Europei si schierano in blocco contro la ripresa del calcio”dove oltre al testo integrale del manifesto potrete scorrere i nomi dei gruppi firmatari),
oltrechè il 18 successivo da”Calciomercatoweb.it” (“Ufficiale: tutti i tifosi d’Italia in una manifestazione senza precedenti”) ed infine, il 21 maggio scorso, da “La Gazzetta dello Sport”, in un dettagliato articolo, a firma Matteo Brega e Francesco Fontana (“Le curve contro la ripresa: senza pubblico, non c’è pallone”).
Ci è voluto lo tsunami coronavirus per vedere realizzato quel movimento di aggregazione dei veri tifosi per il quale Federsupporter si sta battendo da circa un decennio.
La lettera–manifesto (“Stop football, no football without fans”), sottoscritta da oltre 370 gruppi organizzati di tifosi di tutta Europa all’UEFA, così come affermato dal sociologo francese Sebastien Louis (“Ultras, gli altri protagonisti del calcio), rappresenta di per sé una presa di coscienza del ruolo e della dignità dei tifosi che si contrappone alla grettezza economica e morale dei club sportivi.
Questa contrapposizione sociale, prima ancora che economica, è talmente rilevante da essere stata ignorata dai media sino al 21 maggio scorso.

Basta scorrere le frasi apparse sugli striscioni nelle città dove i gruppi organizzati hanno manifestato, in modo civile e democratico, tanto più importante e significativo in un momento come l’attuale, il loro dissenso alla ripresa non di un campionato ( interrotto a 12 giornate dal termine) ma di una sorta di “ gioco dell’oca”, dove l’appetito economico dei Club della Serie A sta cercando di fare premio su quel bene comune al quale tutti hanno diritto: la SALUTE.
Avere la presunzione di rigettare il Protocollo ministeriale del 3 maggio scorso, le cui Linee Guida erano dirette a far avviare la ripresa delle attività sportive professionistiche, sia pure a livello individuale, è la cartina di tornasole di ciò che sta veramente a cuore alle società sportive, trinceratesi dietro l’ennesima bugia “la ripresa del campionato? Lo facciamo specialmente per i tifosi che non possono essere privati di questa loro passione”.
Finalmente, anche questa bugia è stata smentita pubblicamente, pur se in una generalizzata indifferenza mediatica, dal manifesto sottoscritto da circa 370 gruppi che vedono coinvolti, in Italia (Serie A), tifosi di Atalanta, Brescia, Bologna, Genoa, Juventus, Napoli, Sampdoria, Spal, Udinese, oltrechè l’Inter ed all’estero Real Madrid, Valencia, Siviglia, Marsiglia, Nantes, Metz, Bayern, Kaiserslautern, Stoccarda, Standard Liegi, Anderlecht ( cfr. La Gazzetta dello Sport, c.s.).

E’ sufficiente riportare alcune frasi esposte nei manifesti (cfr. La Gazzetta dello Sport): “Non siamo complici dei vostri interessi, un calcio al pallone non cancella i decessi” (Roma); “ Migliaia di morti in ogni città. Ma voi pensate alla ripresa della Serie A…. Il vero virus da debellare siete voi che volete tornare a giocare”(Torino).
In questo confronto, ripeto sociale prima ancora che sportivo, ne esce sconfitto il sistema calcio, strutturalmente in perdita, in tutte le sue componenti e nei suoi gestori.

Credo, comunque, che sia particolarmente significativo, in conclusione di queste mie riflessioni riportare, integralmente, il comunicato emesso la scorsa settimana dall’Associazione Club Genoani ( che ne ha autorizzato la trascrizione):
“Preferite accendere la TV che la dignità”. "Quante volte abbiamo sentito la frase “Il calcio è lo sport nazionale e riflette la società che viviamo”. Mai come oggi ciò si può considerare esatto. Viviamo, infatti, in una società volta solo al profitto, al business, dove tutto gira intorno al dio denaro e che non lascia spazio al cuore. Abbiamo trascorso gli ultimi mesi nel dolore e nella paura e questo ci faceva sperare in una Italia migliore e, in un certo senso, ad un ritorno all’antico, dove le persone ed i loro bisogni potevano tornare ad essere messi in primo piano. E’ stato sufficiente un allentamento della paura, avere la possibilità di vedere vinta questa emergenza per far si che tutto ricominciasse a girare intorno al soldo, fregandosene di tutto e di tutti. “Bisogna ripartire” “ Servono protocolli medici” “ Occorre preservare la salute dei calciatori”. Che belle parole… già ma la gente ? Quelli come noi che si spaccano la schiena al lavoro, fanno slalom continui fra i problemi quotidiani e vengono allo stadio la domenica perché si sentono parte di una comunità fiera ed innamorata dei propri colori, non meritano neanche un briciolo di considerazione ? Di noi qualcuno vuol parlare ? Dovete vergognarvi: ci sono stati oltre 30.000 morti in Italia fino ad ora, quanto la capienza del nostro amato Ferraris, ci sono atti da elaborare e tempi da rispettare. Non è certamente ancora il momento per esultare per un goal. Ma voi ve ne fregate, dovete incassare quei diritti TV che sono parte preminente dei vostri bilanci, quelli che vengono allo stadio contano zero. Infatti, pur di incassarli avete deciso di fare a meno di noi, di negarla proprio l’esultanza per il goal, insieme alle altre emozioni, le lacrime per le sconfitte, il sentire il profumo dell’erba che sale dal campo, la gioia di abbracciare i compagni di gradinata. Facendo tutto ciò non capite di aver già perso, di averci perso, perché non siete voi ad allontanarci dai nostri amati colori, ma siamo noi che, con i nostri colori
ci mettiamo da parte e non vogliamo più avere a che fare con voi: persone avide, insensibili , completamente scollegate dalla realtà, una realtà fatta, lo ripetiamo, di oltre 30.000 morti “.