cultura

Intervista al presidente della Conferenza episcopale europea
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"Agli occhi di tutti appare un’Europa 'lenta'. Questa lentezza mostra quanto cammino si debba fare per essere una comunità di popoli. Forse si deve chiarire se il sogno europeo sia una unione o una comunità". Così il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale europea in un’intervista a Famiglia Cristiana. Parole anticipate a Primocanale domenica scorsa nel girono della messa alla chiesa di San Bartolomeo di Certosa per ricordare le vittime causate dal crollo di ponte MOrandi e dalla pandemia di Coronavirus (LEGGI QUI).


"L’Italia non chiede l’elemosina a causa di sue inadempienze", dice Bagnasco "ma fa legittimo appello a una realtà che, insieme a pochi altri, ha fondato e sostiene concretamente. Certe reazioni suonano sbagliate e suicide. Mi chiedo se veramente tutti vogliamo bene all’Europa: sembra sia in atto una variazione virale del 'prima noi' in 'solo noi'".

Secondo il cardinale "nell'attuale situazione
, la prima misura è mettere in campo ingenti risorse finanziarie, anche in forme inedite e senza condizioni capestri. Lesinare ora sarebbe miope e condannerebbe milioni di persone alla disoccupazione, e altrettante famiglie sul lastrico: i postumi della grande crisi scarnificano ancora i più deboli. Non si può perdere tempo in discussioni: l'obiettivo è la ripartenza e nessuno deve restare indietro. È in ballo il futuro economico del Continente in un mondo spaventato e incerto".

L’arcivescovo di Genova fa una riflessione anche sulla Chiesa italiana:
"Non so se, superata la crisi sanitaria, si riprenderà tutto come prima nella società e nella Chiesa. Se sarà solo un ritorno e non una rinascita, non avremo imparato nulla da una lezione durissima: e sarà disonorante. Mi auguro che nasca una normalità diversa, più essenziale e più contenta. Una ritrovata sobrietà, con meno cose e più valori, con meno individualismo e maggiore comunione, con diminuita frenesia connettiva e più gioia di rapporti; meno chiacchiere e più pensiero, nessuna smania di apparire e più gioia di essere... tutti respiriamo l'aria del tempo, e il virus della mondanità assedia anche la fede. La dura scuola di oggi richiama noi Pastori all'essenziale della nostra vocazione, al primato dell'Eucaristia e della preghiera di intercessione per il popolo, al senso del Mistero che ci supera e ci abbraccia".