cronaca

Ma il mestiere del mugnaio "è morto 50 anni fa"
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Impastare è diventato il nuovo sport nazionale. E' sopravvissuto alle guerre, all'avvento dell'industria e ora resiste, anzi, moltiplica i suoi sforzi nel bel mezzo dell'epidemia tra le piu' aggressive che la storia ricordi, quella da coronavirus. E' il mulino del Sassello che, dal 1830, produce farina per l'area di Genova e Savona. Una struttura che macina alla vecchia maniera, come solo pochi altri mulini nel mondo ancora fanno: l'acqua del Rio Sbruggia mette in moto la ruota esterna che aziona il sistema di ingranaggi, pulegge e cinghie di cuoio. Poi, le grosse macine in pietra schiacciano grano, farro e segale, regalando uno degli ingredienti piu' ambiti dagli italiani in quarantena subito dopo il lievito: la farina.

Il lavoro è cresciuto in una regione
che, costretta in casa, si è riscoperta panificatrice. "Come mulino abbiamo un limite produttivo, ma effettivamente abbiamo registrato da inizio emergenza un incremento nella produzione del 30-40%", ha raccontato all'agenzia Agi il titolare Diego Assandri che, insieme a suo padre Rinaldo, così come hanno fatto suo nonno e i suoi avi, macina il grano locale. "Un mulino a pietra come il nostro può schiacciare 1 quintale di grano all'ora: siamo passati dal lavorare 6-7 ore al giorno a 9-10 ore". Diego e suo padre si occupano anche della fornitura delle farine. "Due volte a settimana facciamo le consegne porta a porta a Genova e a Savona, ma solo perché in pochi giorni ci hanno sommerso di telefonate e mail di richieste. Siamo arrivati a 50-60 consegne al giorno nei due dedicati alla distribuzione".

Il mestiere del mugnaio, sottolinea uno degli ultimi eredi della professione, "è morto 50 anni fa, con l'esplosione della tecnologia e dei mulini a cilindro: la maggior parte, anzi, il 99% delle farine che si comprano in giro è cilindrata, non macinata con lentezza come avviene nei mulini 'puri' a pietra".  Il mulino del Sassello macina grano, farro e segale a km zero. "I cereali sono coltivati nei nostri campi a cavallo tra Liguria e Piemonte, a poca distanza dal mulino". Ma riuscirà questo piccolo mulino a soddisfare la fame di farina di una clientela sempre più ampia? "Dovremmo imparare a dire dei no. In fondo, siamo liguri", conclude scherzando il proprietario dello storico impianto.