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Dopo il voto di domenica scorsa, anche in Liguria lo scontro si radicalizzerà
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 Il Pd e il Movimento 5 Stelle hanno una sola possibilità di provare a battere il governatore ligure Giovanni Toti alle elezioni regionali della primavera prossima: mettersi d'accordo. In questo, lo stato maggiore locale e nazionale dei Dem ha perfettamente ragione.

Poi, però, bisogna dare torto ad Alice Salvatore, la grillina che alle recenti "regionarie" si è conquistata il diritto di essere la candidata alla presidenza della Regione. E darle torto diventa difficile, se consideriamo che dovrebbero mettersi insieme forze politiche che negli anni sono state lontane anni luce, che hanno una visione completamente diversa delle ricette per superare le emergenze liguri. Ma ve l'immaginate la Salvatore a braccetto di Raffaella Paita, che come delfina di Claudio Burlando nel 2015 fallì fragorosamente le elezioni e che oggi è al seguito di Matteo Renzi in Italia Viva (Italia Morta, viste certe posizioni, ad esempio il diniego della revoca delle concessioni ad Autostrade)? Oppure vi immaginate il Pd a sostegno di un candidato diverso dalla Salvatore, ma gradito ai Cinque Stelle perché dice no a quasi tutto ciò che invece i "piddini" sostengono per disegnare un futuro migliore alla Liguria?

Ci sono poi altre variabili. Al posto di Alice Salvatore non saremmo così certi che a Roma nessuno, in casa sua, stia seriamente valutando la possibilità di una alleanza strutturale con il Pd. Anche se ad essere onesti potrebbe essere qualcosa che i leader vestiranno diversamente. Quando il segretario Dem Nicola Zingaretti dice che il premier Giuseppe Conte "è un punto di riferimento" nel centrosinistra è inevitabile legare questa affermazione a quella dello stesso Conte, il quale dice di voler lavorare "alla creazione di una forza progressista alternativa ai populisti". Ohibò, sembra esattamente l'operazione immaginata dal Pd e dalla parte di Movimento Cinque Stelle che si riconosce in Conte, spingendo un esponente della primissima ora quale Massimo Bugani, ex socio della piattaforma Russeau, quindi non proprio uno che passa di lì per caso, a sostenere: "I matrimoni possono finire, noi grillini dobbiamo capire se rimanere insieme".

Come si vede, un mare di elementi può determinare ciò che potrà accadere. La Salvatore, ad esempio, non ha torto quando dice che la Liguria non è l'Emilia Romagna e che la dissoluzione avvenuta là non è detto che si ripeta qui. Il precedente di Sanremo, però, dovrebbe far riflettere i grillini: nella città dei fiori alle ultime comunali hanno rimediato una batosta nonostante avessero condotto negli anni una opposizione seria e fossero rappresentati da un esponente politico, Paola Arrigoni, che aveva fatto dell'onestà intellettuale una bandiera da tutti riconosciutagli. Quando, però, il confronto si è radicalizzato fra i candidati di centrodestra e di centrosinistra, lo spazio per il terzo polo è andato ben sotto le previsioni e il precedente risultato.

Dopo il voto di domenica scorsa, l'unica certezza è che anche in Liguria, alle prossime regionali, lo scontro si radicalizzerà. Non è la condizione migliore per i Cinque Stelle. A meno che nelle prossime settimane non sappiano sparigliare il gioco e avanzare proposte capaci di convincere i liguri. Visto il trend attuale non è la cosa più semplice da fare, ma ad Alice Salvatore certamente la grinta non fa difetto. E quando c'è di mezzo la sopravvivenza, di regola saltano fuori anche energie inattese. Abbia la consapevolezza, però, che non dovrà battersi solo contro il centrodestra. Il Pd non ha nessuna voglia di spianarle la strada.