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L'eurodeputato e leader di Siamo Europei a Genova
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Carlo Calenda ha incontrato a Genova alcuni 'followers' del suo movimento Siamo Europei. L'incontro all'Auditorium 'Montale' del Teatro Carlo Felice ha sancito per molti una scelta di campo tra Partito democratico, Italia Viva o Forza Italia. D'altronde l'ex ministro allo Sviluppo economico punta a mettere insieme quelle aree moderate che cercano un punto di riferimento al centro dell'arco costituzionale.

Un obiettivo che Calenda affronta con lo stesso sangue freddo (qualcuno usa il termine 'spavalderia') con cui è passato dalla mancata elezione con Scelta Civica nel Lazio a un ministero affidato dal tandem Renzi-Gentiloni, fino alla candidatura con successo alle elezioni europee col sostegno del Partito Democratico, salvo poi salutare la compagnia. 

Carlo Calenda, eurodeputato, un incarico che si tende a ricordare poco…

“Si, sono eurodeputato eletto nel collegio Nord Est nella lista Pd-Siamo Europei, all’epoca avevamo fatto questa alleanza.”

Siamo Europei, il suo partito, si definisce liberale e progressista allo stesso tempo. Per dare un colpo al cerchio e uno alla botte?


“No, credo che oggi ci sia bisogno di due componenti. Uno, la libertà economica che in Italia non è sufficiente e c’è bisogno della crescita altrimenti non redistribuisci. Poi c’è un tema che è altrettanto importante. Il progresso è andato più veloce della società che è rimasta indietro. Lo vediamo sulla qualità della scuole come sulla qualità di altri servizi come la sanità che sta diventando un problema in tutta l’italia a causa dell’invecchiamento della popolazione. Basti pensare che gli italiani spendono 40 miliardi di euro all’anno per curarsi privatamente. Dunque esiste un’idea di stato forte nel suo perimetro di attività, non pervasivo ma che fa bene sanità, sicurezza e scuola, accanto a una grande libertà economica che consenta investimenti e sviluppo. Ecco perché la definizione liberale accanto a progressista”.

Nel grande magma della politica italiana attuale, Calenda da che parte sta?

“Lancerò il movimento il 16 novembre per occupare lo spazio tra i due schieramenti. E’ tutto molto frastagliato e spezzettato, ma è vero anche che è tutto molto polarizzato. Oggi i poli si delineano con una coalizione guidata dal Movimento 5 Stelle che mette dentro il partito di Matteo Renzi, LeU e il Partito Democratico. Dall’altro lato il centrodestra che è tutto a guida Salvini. Dunque è un paese particolare, che contrappone populisti a sovranisti".

Il centro oggi è la parte più contesa con le operazioni di Toti, Renzi e ora anche la sua. Molti peraltro in Liguria trovano maggiori affinità elettive tra lei e il governatore ligure che tra lei e Roberta Pinotti.

“Assolutamente, con Toti ho avuto un buon rapporto quando ero ministro allo Sviluppo economico. Non lo conosco benissimo, mi sembra una persona seria. Però Toti è nella coalizione della Lega. Qui i partiti delle grandi famiglie europee, come Pd e Forza Italia, sono tutti andati verso gli estremi. Questa è una cosa che non è accaduta in nessun altro paese occidentale. In Italia abbiamo una egemonia della Lega da una parte e del Movimento 5 Stelle dall’altra. A me piacerebbe poter dire che Toti è al centro, ma la realtà è che ha frammentato Forza Italia per andare ancora più a destra. Nessun paese può reggere una situazione del genere, non puoi andare dall’estremismo di Salvini all’estremismo del M5s”.

Alle prossime elezioni regionali in Liguria, Calenda con chi si schiera… Esistono ‘calendiani’ in Liguria?

“Sì, ce ne sono eccome, abbiamo tanti circoli qui. Con tutto il rispetto per Toti e Renzi ma io ho fatto una cosa ben diversa dalla loro. Non sono andato a cercare parlamentari, né establishment politico. Non faccio quel gioco per cui tu cambi le persone ma i nomi restano tutti uguali. Il lavoro che sto facendo è proprio di partenza dal basso, cioè dai comitati civici e dai tanti comitati di ‘Siamo Europei’ che verranno convertiti, mettendo insieme un po’ di personalità come Walter Ricciardi, forse il più grande esperto in Europa sui servizi sanitari, e gli amministratori locali. Costoro dovranno venire e arriveranno nel momento in cui ci schiereremo per le varie elezioni”.

Ma arriveranno più dal centrodestra o dal centrosinistra?

"Quando lancerò il mio movimento vedremo la risposta che ci sarà, io spero che siano in molto. Alcuni già ci sono, lo diranno loro".

Ha un peso il suo movimento, lo ha quantificato?

“No, perché non l’ho ancora lanciato e non c’è neanche il nome. Ho fatto la sstima che pottremo avere un sondaggio affidabile non prima della prossima primavera, se non il prossimo anno".

Intanto cresce l’attesa per il rinnovo delle cariche in Confindustria. Lei conosce bene Edoardo Garrone, ha il cosiddetto physique du role per assumerne la leadership?

"Non è nelle mie prerogative spingere la candidatura di qualcuno in Confindustria, e auspicherei che la politica si allontanasse del tutto. Negli ultimi anni abbiamo visto una Confindustria del tutto prona ai governi, anche ai nostri quindi non ne faccio una bandiera ideologica. La verità è che deve essere indipendente. Confindustria deve rappresentare un pensiero, che magari non sempre va bene per il Paese, ma che rappresenti la voce delle imprese. Per esempio sulla vicenda dell’ex Ilva è totalmente afona, non sta parlando”.

Garrone secondo lei che ruolo potrebbe avere.

“Questo lo decidono gli imprenditori. E’ una persona di qualità con una storia imprenditoriale importante alle spalle. Opera molto sul settore delle energie rinnovabili, oggi un settore di punta. Dopodiché deciderà lui, non so neanche se sia formalmente candidato anche se è un nome che circola da tempo. La reputo una persona di grande qualità”.

Nel futuro di Ilva, ci può stare uno sganciamento dello stabilimento genovese di Cornigliano da quello che succede intorno allo stabilimento di Taranto?

“Cornigliano teoricamente potrebbe avere vita a sé, il problema è che oggi trovare un acquirente per un’acciaieria non è affatto facile. Noi ci abbiamo messo tanto tempo per fare una gara in cui abbiamo trovato un signore che mette sul piatto ben 4,2 miliardi di euro tra il pagamento del prezzo che rimborsa i cittadini di quanto lo Stato ha messo per l’amministrazione straordinaria e gli investimenti ambientali e produttivi. Voglio dire ai cittadini che se noi incominciamo a cacciare chi ci mette 4,2 miliardi per ammodernare acciaierie esistenti, e non per farne di nuove, allora non si capisce quale può essere lo sviluppo vero di questo Paese. Il punto non è capire se trovare venditori separati per spezzettare le fabbriche, perché l’acciaio è un settore che si è molto consolidato intorno a pochi grandi gruppi. E Arcelor Mittal è il più grande al mondo”.

Cosa c’è che non torna secondo la sua esperienza nella gestione della pratica Ilva da parte dei ministro Di Maio prima e Patuanelli adesso?

“I numeri sugli investimenti di Arcelor Mittal sono scritti su un contratto e quello che hanno scritto lo stanno realizzando. A Taranto le coperture dei parchi minerari superano in altezza un grattacielo, loro le cose le stanno facendo. Il problema è che Di Maio ha deciso di cambiargli la norma sullo scudo penale. Una norma che preesisteva agli acquirenti e giudicata indispensabile”.

Con quale obiettivo?

“Semplice, loro avevano promesso di chiudere l’Ilva a Taranto. Poi Di Maio ci ha ripensato perché ha capito il disastro che provocherebbe. Ma c’è un gruppo di 15 senatori del Movimento 5 Stelle che la vuole far chiudere e quindi ha fatto questa roba. La cosa gravissima è che Renzi e Zingaretti, e con loro il Pd, si sono accodati senza dire una parola”.

Sul dove andrà Calenda e con chi, le è mai venuto in mente che forse sta facendo il passo più lungo della gamba?

“Forse, oggi non lo so dire. Si vedrà nei risultati, vengo dalle aziende e mi confronto sempre coi risultati. Solo una cosa però: questo sistema politico è inguardabile. Tra giravolte, cambiamenti di fronte, uno che dice mai con l’altro salvo poi tornare indietro, questa roba è inguardabile. Nessuno gestisce un cavolo in questo Paese che sta andando fuori controllo perché nessuno sta seduto sulla sedia a gestire come vanno le cose. Il mio obiettivo è quello di costruire un partito che rispetti l’Italia seria, quella che lavora, produce e studia. Se ci riesco bene altrimenti ci divideremo tra M5s e Lega”.

Un partito di centro con Calenda, Renzi e Toti sotto lo stesso cielo può essere credibile?

“No, perché quelli stanno uno con Salvini e l’altro col M5s. E’ una scelta che hanno fatto. La politica non è un tetris, un gioco a incastri, ma esiste la coerenza e le scelte. Loro hanno fatto delle scelte, Renzi è col M5s tanto da votare il provvedimento anti Ilva e Toti è con Salvini. Questa è la situazione. Poi, io spero che facendo un grande movimento come ha fatto Macron in Francia si rompa questo schema e la parte più liberale del Pd con la parte più moderata della destra possano riconvergere verso il centro. Altrimenti l’Italia è perduta”.

L’obiettivo nell’immediato futuro di Calenda?

“L’obiettivo è quello di costruire questo movimento, andare alle prossime elezioni politiche e ci andrò solo se i sondaggi mi daranno con un risultato almeno superiore all’8%. Perché un altro partitino non lo voglio fare”.

Un obiettivo ambizioso, senza dubbio.