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Conte garante. Ma fibrillazioni interne e timori 'regole ingaggio'
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Il governo Conte Bis incassa la fiducia della Camera al termine di una maratona durata quai 12 ore. I voti a favore sono stati 343, i contrari 263, gli astenuti 3. Hanno votato Sì alla fiducia M5s, Pd e Leu, oltre ad alcune componenti del gruppo Misto, tra cui +Europa. Hanno votato contro Lega, FdI e Forza Italia, oltre ad alcune componenti del gruppo Misto. Le minoranze linguistiche si sono astenute. Il premier Giuseppe Conte ha atteso l'esito del voto in Aula, seduto ai banchi del governo.

Curioso il ritardo con cui hanno votato alcuni deputati, tra cui il leader M5s e ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Quando già era stata chiusa anche la seconda chiama del voto di fiducia al governo Conte II, alcuni deputati hanno chiesto di poter votare, e così il presidente Roberto Fico ha riaperto la votazione. Tra gli ultimi a votare, passando sotto i banchi della presidenza, anche Di Maio, accolto dagli applausi dei presenti.

Erano stati 350 i sì raggiunti dai giallo-verdi, ma nonostante il gap di partenza con l'esecutivo precedente, il premier si dice "soddisfatto del risultato" ottenuto. Positivo anche il commento del segretario dem Nicola Zingaretti, che su Twitter parla del via libera di Montecitorio come "un altro passo in avanti per cambiare l'Italia e renderla più verde, giusta e competitiva". In contemporanea a Zingaretti ha twittato anche Di Maio, dando il "massimo sostegno" al premier, e spiegando che i pentastellati hanno come priorità lavoro, imprese, ambiente, scuola, famiglia e, soprattutto, "taglio parlamentari e revoca concessioni autostradali".

"La verità è che non si capisce quale saranno le regole d'ingaggio. Chi è a comandare e a gestire i passaggi decisivi", si lamenta un 'big' M5s. E poi sotto traccia c'è sempre la fibrillazione tra l'ala che fa riferimento al presidente della Camera, Fico, e quella di Di Maio. Non è un caso che a parlare nell'emiciclo durante il dibattito sulla fiducia siano stati soprattutto i deputati vicini alla terza carica dello Stato, come Brescia e Gallo.

Il film della giornata ha diversi 'tempi' e diverse ambientazioni. Sceglie la 'mitezza' il premier nel suo discorso del mattino, invoca il rispetto delle istituzioni e pensa a una legislatura costituente. Fuori, in piazza Montecitorio, Matteo Salvini e Giorgia Meloni 'ballano' su tutt'altra musica. I toni sono forti, i manifestanti tricolore alla mano invocano "elezioni, elezioni" e denunciano la "manovra di palazzo" per "mantenere la poltrona".

Le due scene si svolgono contemporaneamente. Tanti deputati di Lega e FdI sono in piazza e questo consente a Conte di elencare le sue priorità programmatiche senza venire interrotto troppo spesso. Nel pomeriggio, invece, cambia tutto. Il premier decide di replicare punto su punto alle critiche arrivate dalle opposizioni nelle quattro ore di dibattito. Ha scrupolosamente segnato tutto, appuntato quello che ha ritenuto "offensivo". Come l'accusa di essere "imbullonato alla poltrona" arrivata dall'ex compagno di squadra Massimo Garavaglia. Il capo del Governo ribatte riga su riga. La bagarre leghista in Aula è continua. E sono basse sugli scranni le facce dei ministri, mentre dai banchi di Pd e M5S applausi e imbarazzi si alternano.

Sul piano interno l'input arrivato ai ministri M5s è quello di tenere i toni bassi, di evitare che la navigazione del governo si trasformi in una riedizione dell'esecutivo giallo-verde. Da qui l'idea di un coordinamento giallo-rosso a livello parlamentare. Ma quella del premier è una 'doppia strategia': l'attacco alla Lega nella replica è servito per compattare Pd e M5s, per abbattere i muri. E infatti dai banchi della maggioranza è arrivato un lungo applauso. Il premier ha difeso a spada tratta l'operato dei pentastellati: parlare di tradimento è "rovesciare la realtà, è mistificazione", c'è solo la coerenza "per un programma" a dispetto dei leghisti che, a suo dire, "ha perseguito gli interessi di partito e le convenienze elettorali per avere qualche poltrona in più". C'è chi sostiene che potrebbe anche spingere il M5s ad aprire a un'alleanza organica con i dem anche sul territorio.

Alla fine la fiducia c'è. Conte aspetta fino all'ultimo voto. Lunga è la fila dei deputati che, durante la chiama, vogliono stringergli la mano. Ora partita si sposta al Senato. I numeri sono più risicati, ma i giallorossi si dicono ottimisti. Secondo chi ha in mano il pallottoliere la maggioranza dovrebbe già contare su 168 voti certi: i 106 del M5S (tolto Gianluigi Paragone), i 50 del Pd (oggi Matteo Richetti ha annunciato che non voterà a favore), i 9 del gruppi misto (De Petris, Laforgia, Errani, Grasso, Nencini, Buccarella, De Falco, De Bonis, Nugnes) e i 3 dalle Autonomie (Bressa, Casini, Laniece).

Dovrebbe raggiungere al massimo quota 139 voti l'opposizione: 61 no verranno da FI (la presidente Casellati non vota), 58 dalla Lega, 18 da FdI e uno (anche se potrebbe astenersi) da Paragone. Ci sono poi i sei senatori a vita e, secondo gli ultimi rumors, quasi certo è il sì di Liliana Segre, mentre vengono dati per probabili quelli di Mario Monti ed Elena Cattaneo. Sette poi (tra questi Emma Bonino) i senatori definiti "incerti".

Tirando una linea, quindi, il governo giallorosso può puntare a superare quota 170, e magari raggiungere i 171 sì ottenuti 15 mesi fa dai giallo-verdi. Nessuna suspense sui numeri, quindi. Almeno sulla carta. Anche la giornata a Palazzo Madama, però, dovrebbe valere il prezzo del biglietto: nell'emiciclo del Senato infatti, l'uno di fronte all'altro, ci saranno Matteo Salvini e Matteo Renzi.

LE REAZIONI
"Ho votato No perché non credo in questo governo. Il programma illustrato dal premier Conte non soddisfa i minimi criteri di governabilità. Nulla ha detto sulla visione differete tra M5s e Pd in chiave di infrastrutture, economia, bilancio del Paese. Il governo 'giallorosso' ha iniziato a litigare ancora prima di ottenere la fiducia delle Camere, pessimo presagio. L'invito è quello di abbassare i toni, il consiglio è quello di risolvere i problemi del Paese in Consiglio dei ministri senza contare sui like ottenuti su post e tweet", ha detto il deputato di Forza Italia Roberto Cassinelli.

"Fiducia alla Camera ok. Questo dovrà essere il Governo della lotta alle disuguaglianze, a partire dalla possibilità per tutti di poter accedere a cure di qualità". Lo ha scritto su twitter il ministro della Sanità Roberto Speranza.

"La Camera dei Deputati ha detto sì al #Governo presieduto da @GiuseppeConteIT. Domani (10 settembre, ndr) si chiederà la fiducia al Senato. Vogliamo iniziare a lavorare per il bene degli italiani". Lo scrive con un tweet il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà.

"La crisi di Governo non è stata una forzatura da parte di Salvini, c'erano tutte le ragioni per aprirla, ma avrebbe dovuto valutare meglio le conseguenze. Forse si è fidato troppo delle rassicurazioni da Roma secondo le quali non ci sarebbe mai stato un accordo Pd-M5s, non si doveva fidare". Lo dichiara Roberto Maroni, intervenuto a Summonte, in provincia di Avellino, per la presentazione del suo libro 'Il rito ambrosiano'.

"In attesa della seduta al Senato, il Governo guidato da @GiuseppeConteIT ha ottenuto la fiducia alla Camera. Come evidenziato dal Presidente del Consiglio, la giustizia rimane una priorità, a partire dal dimezzamento dei tempi dei processi". Lo scrive il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede.