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Le condanne a pioggia emesse in primo grado dal tribunale di Genova nel processo sulle “Spese Pazze” hanno ricadute significative sulla vita politica e istituzionale del Paese.

Perché se è vero che in Italia si è innocenti fino al terzo grado di giudizio, è vero anche che per i cittadini titolari di cariche elettive la presunzione di innocenza risulta fortemente attenuata dalla Legge Severino.

Promulgata il 6 novembre del 2012, la legge prende il nome dal ministro della Giustizia dell’allora Governo Monti Paola Severino: tra le altre cose la norma prevede l’istituto della “sospensione” dal ruolo per i politici eletti che vengono condannati anche in primo grado per reati di corruzione e illegalità nella pubblica amministrazione.

Tra questi, certamente, i parlamentari Edoardo Rixi e Francesco Bruzzone: per entrambi scatta la sospensione dal ruolo (non la decadenza, che si concretizzerebbe solo in caso di condanna definitiva passata in giudicato). Rixi sarebbe potuto restare in carica come viceministro (che non è un incarico elettivo) ma ha, come sappiamo, preferito rassegnare le dimissioni.

Un caso spinoso si apre in Consiglio Regionale: Matteo Rosso, infatti, è uno degli esponenti che garantisce la risicata maggioranza di Giovanni Toti; essendo stato condannato, Rosso sarà sospeso dall’incarico e, per come la legge è concepita, non sostituito. Il suo posto resterà vuoto, in attesa di ulteriori passaggi legali.

Tra i condannati ci sono anche quattro sindaci, Marco Melgrati (Alassio), Franco Rocca (Zoagli), Marco Limoncini (Cicagna) e Gino Garibaldi (Cogorno), appena eletto. Questi tre comuni saranno governati dai rispettivi vicesindaci.


Tutti, però, potranno presentare un ricorso al Tar contro la sospensiva: lo hanno già annunciato ai microfoni di Primocanale l'avvocato di Matteo Rosso, Alessandro Vaccaro, e il sindaco di Alassio Marco Melgrati.