Si può barattare la storia e la riconoscenza verso uno dei personaggi che hanno fatto le fortuna di Genova con qualche decina di posteggi per moto intorno alla rotonda di via Corsica? Si può tagliare qualche spazio ai giochi dei bambini, ai loro giri in bicicletta per dare un onorevole collocazione alla statua del duca di Galliera, marchese De Ferrari?
Se abbiamo perduto la memoria, se ci siamo completamente dimenticati chi è stato per la città questo personaggio, se oramai ci siamo messi sotto i tacchi la dignità della nostra gloriosa storia, allora lasciamo pure fare ciò che i giornali di questi giorni raccontano: quella statua, dedicata al Duca, abbandonata per decenni immemori e svagati in magazzini perduti, trovi pure uno spazio ridotto, ceda il passo, o meglio qualche metro, ad altre esigenze della città.
In fondo come la cultura non fa mangiare (che non è vero), la storia può benissimo essere relegata in un bel libro, dentro a una biblioteca e che vogliono questi polverosi personaggi che improvvisamente emergono dal passato, in questo caso niente affatto lontano?
Ma se ci resta un briciolo di dignità genovese, di amore per il nostro passato, di riconoscenza per chi ha contribuito alla nostra grandezza, sì alla grandezza, e contribuisce da secoli al nostro benessere, allora meditiamo un po' sul Duca di Galliera.
Grazie alla sua gigantesca figura noi abbiamo il porto che egli ci ha regalato alla fine dell' Ottocento, finanziando integralmente quella diga foranea che ora, finalmente, nel terzo millennio, vogliamo ingrandire e spostare e non sappiamo dove trovare le palanche.
Allora le palanche ce le diede quel Duca, uno dei più grandi imprenditori europei e mondiali del suo secolo, uno finanziariamente potente come sarebbe poi diventato Rotschild, uno che costruì per primo nel mondo, finanziandiole, le più importanti ferrovie che collegarono il mondo in Europa e perfino negli Stati Uniti d'America. Era un genovese di piazza De Ferrari, amava abitare a Voltaggio ma girava il mondo, aveva un estro finanziario unico e alla fine della sua vita ci lasciò quel regalo della diga foranea.
Sua moglie, Maria Brignole Sale, appunto la Duchessa di Galliera, ci lasciò, invece, non solo l'ospedale Galliera, che oggi fatichiamo tanto a ammodernare, ma anche i palazzi Bianco e Rosso, che appartenevano alla sua storica famiglia e infiniti altri beni, a incominciare dal San Raffaele di Coronata, oggi uno dei ricoveri più “centrali” nella solidarietà genovese.
Si può dire che questi quasi dimenticati Duchi di Galliera, marchesi De Ferrari, principi di Lucedio, alla fine dell'Ottocento ci diedero la più grande infrastruttura del nostro futuro sviluppo, un ospedale e strutture assistenziali che costruirono il nostro Welfare di allora e i musei sui quali oggi cresce, in Strada Nuova, il nostro turismo.
E noi cosa facciamo un centinaio di anni dopo: ci dimentichiamo tutto e stiamo a misurare con il centimetro quanto spazio concedere alla statua del Duca, che dalla posizione nella Rotonda di via Corsica, viene retrocessa come spartitraffico tra via Gavotti e via Fiodor. Abbiamo paura di perdere qualche posteggio per moto, ma non quella di perdere l'orgoglio di quel che siamo.
Il sindaco Bucci fa bene a ricordarsi di quella statua e di quel che significa e a toglierla dalla polvere, ma completi l'operazione, dandole la più degna collocazione e magari organizzando un evento che ricordi chi erano quei Duchi, cui dobbiamo non solo pagine di storia, ma un pezzo del nostro sviluppo.
cronaca
La statua del Duca di Galliera e l'irriconoscenza dei genovesi
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