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Una nostra collaboratrice dà ragione a Deneuve
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Cara Tiziana, ho letto le dichiarazioni di Catherine Deneuve e la sua lettera di risposta. Condivido alcuni pensieri di entrambe ma non tutti, mi sento quindi un po'in mezzo alle vostre posizioni.

Tutte e tre partiamo dal fatto che lo stupro sia un crimine e che come tale vada denunciato, questo non si discute come non si discutono la gravità, il dolore e i traumi che una violenza (carnale, fisica, verbale, psicologica) crea. La donna violentata non è carnefice, non ha cercato la violenza (messaggio sentito più volte ma, visto le notizie di cronaca, sempre meglio ribadirlo).

Come lei, Tiziana, ritengo fastidioso e una violazione della mia area privata se qualcuno mi importuna. Viviamo in una società in cui ogni donna si è sentita fischiare o commentare in modo poco galante più volte nella vita.

No, quello non è corteggiamento e vorrei che nessun uomo si sentisse un "macho" apprezzando ad alta voce il corpo di una donna.

Ma qual è il limite tra avances e azione che importuna/violenza?

Ritengo che toccare il ginocchio di una donna non possa essere considerata una violenza da denunciare. Se sono in un locale e uno sconosciuto/semi sconosciuto si avvicina e mi tocca il ginocchio, è vero, posso provare fastidio ma sposto il ginocchio e faccio notare che il gesto non è gradito.

Leggermente differente sul posto di lavoro dove il tipo di relazione e il contesto non sempre prevedono un rapporto amichevole o un contatto fisico; in questo caso penso si tratti di avances che possono essere fastidiose ma che se finiscono lì non creano danni.

I problemi di queste avances, a mio avviso, nascono dalla ripetitività o dalla vendetta: lì sparisce del tutto il rispetto.

Se l'uomo di fronte a me riceve un segnale negativo in risposta alla sua azione e continua insistentemente a riproporla, si prende una libertà non concessa.

Una donna non dice "no" per dire "sì", un NO è un NO e lo stesso significato ha una reazione corporea di chiusura (non è sempre facile per tutte le donne tirare fuori le parole in una situazione di imbarazzo).

Con il mio capo o collega posso anche parlare di discorsi intimi se il rapporto creato lo permette (ciò non vuol dire che io voglia avere un rapporto intimo/fisico con lui). Però, se questa persona dopo un mio rifiuto mi complica la vita (o peggio) sul posto di lavoro, sta commettendo un reato.

Sono invece d'accordo con Catherine Deneuve sulla libertà di un uomo di provarci. Non si può incriminare qualsiasi azione! C'è modo e modo ma c'è anche differenza tra un uomo che prova a baciarmi e uno che mi costringe a baciarlo con la forza.

Mi ritrovo quindi a non accusare di violenza un corteggiamento maldestro o un po più selvaggio e allo stesso tempo a non tollerare quello insistente.

Non può essere considerato violenza tutto ciò che dà fastidio; gli uomini devono però tenere conto della reazioni delle donne (e viceversa).

Provarci anche in modo un po' più diretto non è reato, come non sono reato o da giudicare i baci al primo appuntamento o le avventure di una notte; quando si entra nella sfera fisica, però, è sempre importante sentire le reazioni dell'altra persona ed avere rispetto. Se un uomo capisce il rifiuto e toglie la mano dal ginocchio o non forza un bacio non voluto, come la signora Deneuve, non noto alcun delitto.