salute e medicina

La storia
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Carolina (nome di fantasia) ha 8 anni ed è affetta da una malattia rara la sindrome di Bartter. In qualche modo è una bambina ‘ultra rara’: l’incidenza della sua malattia è, infatti, uno su un milione.

La sindrome di Bartter è una malattia genetica dovuta a un difettoso riassorbimento dei sali (sodio, potassio e cloro) a livello renale. Tra i sintomi possono esserci nascita prematura, poliuria (produzione eccessiva di urine), polidipsia (sete eccessiva), ritardo di crescita, sordità, alterati livelli di calcio nelle urine e nel sangue, in rari casi insufficienza renale.

Carolina ha due grandi occhi azzurri e capelli biondi, ama disegnare e colorare, fa danza classica, gioca a tennis e da qualche settimana sta imparando a suonare la chitarra. E’ una bambina molto curiosa che ascolta la mamma Sonia raccontare la sua storia quasi con un sorriso, serena.
“Carolina è nata prematura a sette mesi e mezzo – racconta Sonia - e la diagnosi è stata fatta due anni dopo all’ospedale Gaslini di Genova dopo esami genetici. Malattia genetica rara è un’espressione che fa paura, soprattutto quando riguarda i bambini e il loro futuro, per fortuna ho trovato uno staff medico e infermieristico splendido, praticamente è come entrare in una grandissima famiglia”.
“I bambini come Carolina sono abituati a frequentare le corsie degli ospedali, a fare visite, controlli e ogni giorno ci si accorge di quanto sono speciali – racconta Sonia – come quando i compagni la prendono in giro perché è più piccola e magari non può fare certe cose ma poi ti sorprende dicendo ‘mamma io però non piango come loro quando mi fanno il buchino nel braccio all’ospedale’ e questo insegna a vivere a noi genitori e ad affrontare quella che per noi è normalità”.


A livello sanitario avremmo bisogno di essere tutelati di più – racconta Sonia – per loro non esistono i gradi di invalidità, non c’è l’accompagnamento, per chiedere l’aggravamento è un iter molto lungo e poi è difficile spiegare davanti a un medico che vede una bambina che sta bene qual è l’inferno che viviamo ogni giorno con una terapia invasiva”.
“Non bisogna avere paura” - scandisce bene le parole Sonia e lo dice con viso che trasmette tranquillità e una super-forza - Bisogna reagire è l’unica cosa da fare, mai buttarsi giù perché altrimenti i bambini non hanno nessuno su cui aggrapparsi, bisogna attaccarsi a tutto e soprattutto sperare nella ricerca”.

Per maggiori informazioni c’è una pagina su Facebook: Bartter-Gitelman Sosteniamo la Ricerca