Dunque il piano socio-sanitario della giunta Toti vede la luce e supera il primo passaggio in commissione con il voto contrario delle opposizioni.
Bisogna dire che il piano è un reale cambiamento di visione della sanità in Liguria almeno sulla carta. Abbandonato il principio "restrittivo" della cancellazione dei piccoli ospedali, il documento ne vuole creare tre, dislocati a Albenga, Bordighera e Cairo Montenotte con relativi pronto soccorso. Questo significa, per gli abitanti di queste tre aree, un grande vantaggio logistico. Non dovranno più raggiungere i grandi nosocomi di Savona e Genova.
Il secondo elemento di svolta è costituito dall'affidamento di queste strutture a grandi gruppi privati che operano con successo nel Nord ovest. Non si tratta di una secca privatizzazione, ma di una gestione che faranno i privati dovendo rispondere ai controlli pubblici e con un sistema di accreditamento. Insomma, chi andrà a farsi curare in questi centri non pagherà. Come se andasse in un ospedale pubblico. Il coinvolgimento del privato aumenta rispetto al passato .
La terza novità è' la creazione di alcuni Dipartimenti interaziendali. Vuol dire che più ospedali dovranno collaborare su materie specialistiche per rendere l'assistenza più efficace e meglio spalmata sul territorio, senza una politica di concorrenzialità , ma di integrazione.
Infine l'obbiettivo di una sanità a chilometro zero. Obbiettivo che aveva anche la giunta precedente.
Tutti obbiettivi auspicabili anche se qualche perplessità l'abbiamo.
Intanto sulla sicurezza dei piccoli ospedali, sulla necessità che laddove ci sono reparti di emergenza o chirurgici esistano le rianimazioni. Così dovrebbe essere una Dea (dipartimento di emergenza e assistenza) di secondo livello.
Quindi sulla tenuta economica di questo progetto che non manca di una grande ambizione, tanto che l'assessore lo ha definito a suo tempo una vera e propria riforma, ma che costerà' una montagna di soldi.
Riuscirà la Liguria a mantenersi un castello di queste proporzioni?
I prossimi mesi saranno la reale verifica della fattibilità del programma. Intanto alcuni dati sembrano remare contro: la continua osmosi di pazienti soprattutto genovesi e spezzini che preferiscono farsi curare in Piemonte, Lombardia e Toscana. La diminuzione degli esami diagnostici nelle strutture pubbliche a vantaggio di centri privati.
Segnali che certamente devono far drizzare le orecchie ai tecnici e ai politici.
salute e medicina
Varata la riforma sanitaria ligure, ambiziosa ma con alcuni rischi
Aumenta il coinvolgimento dei privati
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