cronaca

Lunedì corteo in città, i sindacati vogliono incontrare Gentiloni
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Accordo di programma. È questo il concetto chiave per capire la mobilitazione in massa dei lavoratori Ilva che bloccheranno Genova il 5 giugno. Una giornata che Primocanale seguirà in diretta. In piazza ci saranno i 1.500 di Cornigliano e gli 800 di Novi Ligure per dire no al piano lacrime e sangue dei nuovi proprietari, che vogliono tagliare quasi 6mila lavoratori in tutta Italia. Il passaggio di proprietà alla cordata Am Investco Italy, con ArcelorMittal e Marcegaglia, sarà sancito il giorno stesso da un decreto del Governo. Ma i sindacati non mollano la presa: sul tavolo c'è un patto datato 2005 che dice “basta licenziamenti sotto la Lanterna”. E la prima firma è quella di Palazzo Chigi.

“L'accordo di programma? È validissimo – sottolinea Bruno Manganaro, segretario Fiom-Cgil Liguria – e noi dobbiamo ricordarlo formalmente al Governo”. Per questo il corteo, che partirà intorno alle 8.30 dalla fabbrica di Cornigliano dopo l'assemblea in sciopero convocata per le 7, si dirigerà verso la Prefettura lungo le vie del centro. L'obiettivo è chiedere a Fiamma Spena di mediare per ottenere un incontro formale col premier Gentiloni in persona. “In quel patto c'è l'occupazione, ma anche disposizioni su aree e concessioni. L'unica garanzia che accettiamo è che non ci sia neanche un esubero. Se la città di Genova lo chiederà con forza, potremo risolvere l'ambiguità. Altrimenti, se il patto viene disdettato, noi non saremo disponibili a nessun confronto”, taglia corto Manganaro.

Nessun dubbio di fatto su quale sarà l'interlocutore economico. Jindal-Cdp ha tentato fino all'ultimo di rilanciare con un'offerta al ministro Calenda e ai commissari dell'Ilva, ma il Governo ha chiuso la porta affermando che “le procedure di gara non si cambiano in corsa o peggio ex post”. Il piano presentato in extremis prevedeva un prezzo di acquisto a 1,85 miliardi (50 milioni in più rispetto a Am Investco) e 9.800 assunzioni da subito, portando la produzione a 10 milioni di tonnellate con l'impiego di tecnologie innovative. Le previsioni dei concorrenti, invece, si fermano a 6 milioni per effetto dei limiti ambientali imposti dall'Unione Europea e recepiti dall'Italia. Scetticismo da parte di Alessandro Vella, segretario della Fim-Cisl ligure: “Bisognava pensarci prima, i posti di lavoro non si possono dichiarare. A noi interessa un piano industriale strategico. Genova potrebbe dare molta più produttività”.

La città, dunque, scende in piazza per difendere il lavoro, pur senza sapere con esattezza quanto rischia di perderne.
Quando fu firmato l'accordo, nel 2005, i dipendenti a Cornigliano erano 2.800. Oggi, dopo la chiusura dell'altoforno, sono poco più di 1.500, dei quali 380 in cassa integrazione, impegnati in lavori di pubblica utilità. I sindacati tenteranno di convincere i nuovi acquirenti a investire su Genova per potenziare la zincatura e la banda stagnata, ma le mire di ArcelorMittal sembrano più rivolte all'estero. “A Taranto su 5.800 lavoratori rischiano in 2-3mila – riflette Antonio Apa, segretario della Uilm Liguria – quindi fate voi i conti: se pensano di distribuire i restanti 1-2mila previsti su Genova e Novi, se lo tolgano dalla testa perché su questo non passeranno mai”.