politica

Il commento
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Non siamo abbastanza attrezzati per calcolare le grandi ricadute spirituali che la visita indimenticabile di papa Francesco a Genova avrà provocato, sopratutto in chi ha la fortuna di avere una fede religiosa. Comprendiamo che saranno copiose perché i messaggi del pontefice venuto dal mondo alla fine del mondo e qui tornato, da dove era partita la sua famiglia, in un legame sigillato emozionalmente dal canto finale della sua visita, “Ma se ghe penso”, sono stati numerosi, diversificati, molto ben mirati, alla fine tutti efficaci, quindi preziosi. E non alludiamo solo al più laico di quei messaggi, quello lanciato dal capannone Ilva al mondo del lavoro, sicuramente il più “politico” ed anche il più dirompente sul piano della comunicazione.

Il discorso ai sacerdoti, alle suore, insomma a quella che ecclesiasticamente si chiama “vita consacrata” nella cattedrale di San Lorenzo, è stato ugualmente “forte” anche se più difficilmente decifrabile per i laici e figuriamoci per gli atei, i non credenti e la massa predominante degli indifferenti. Ma basta valutare le scelte del papa e dei suoi collaboratori più stretti, nella sua gerarchia vaticana, in quella episcopale, vescovo per vescovo, proroga per proroga, quasi parroco per parroco, per capire quanto importante sia anche quel discorso apparentemente “interno”. Nominare, tanto per fare pochi ma importanti esempi, Bassetti dopo Bagnasco alla Cei, non concedere la berretta cardinalizia al patriarca di Venezia Moraglia, mandare Viola a Tortona, significa rivoluzionare quella gerarchia. In San Lorenzo Francesco ha spiegato bene come vuole i suoi preti e le sue suore, cosa si aspetta, insomma, dal suo “esercito”, quali sono le armi da impugnare oggi nella sofferenza del mondo moderno, dove si combatte quella che lui per primo ha definito “una guerra mondiale”.

Ma se ci poniamo sulla scia cittadina, molto più genovese e se volete terra-terra, di quella visita allora possiamo calcolare altre ricadute, provocate non solo dal papa in persona, ma dall'effetto complessivo di una giornata intera dedicata a quell'uomo vestito di bianco, su e giù per la nostra città da Ponente a Levante, dalla Guardia ai carruggi di San Lorenzo, fino al mare di piazzale Kennedy.

Alla fine abbiamo visto una Genova “complessiva” nella sfolgorante bellezza di una giornata di maggio, scintillante anche tra i poveri alla Guardia e in mezzo alla sofferenza del Gaslini.

Abbiamo visto una città intera tenuta insieme dalle tappe della visita di Francesco, con il nostro cardinale al suo fianco, una specie di Virgilio. Ci siamo commossi al discorso di Bagnasco sui genovesi e su Genova, una perla “incastonata tra il mare e i monti”. E' come se avessimo riscoperto un orgoglio che la durezza dei tempi moderni, le difficoltà apparentemente insormontabili, il non sviluppo, la demografia negativa, le indecisioni sul futuro, avevano cancellato o tenuto in sordina.

Il papa e il cardinale avevano visitato la grande fabbrica del nostro passato industriale di grande capitale italiana, erano scesi nelle bellezze storiche della nostra cattedrale, tra i caruggi dove brillano i Rolli della nostra potenza atavica, erano risaliti nel santuario della sofferenza, l'Ospedale dei bambini, dove emergono le grandi competenze mediche e scientifiche, le capacità di servizio e di asssistenza volute da un imprenditore munifico. E avevano concluso il viaggio alla foce del Bisagno sulla riva di quel mare della grande emigrazione e oggi di grandi e promettenti traffici di cui siamo stati e potremmo essere un capolinea. E poi la Guardia, per stare non solo nella dimensione del sacro e miracoloso, delle “visioni”, ma per misurare la capacità della solidarietà, della assistenza, dell'accoglienza: tutte prerogative di quel popolo che si intenerisce al canto dell'emigrante verso la terra da cui il papa è arrivato.

Ci voleva la visita di un papa per mettere insieme tutto questo? Da tempo cerchiamo un leader o una leadership che governi complessivamente la città e ne offra una visione completa ed anche di speranza, che non è solo una virtù teologale, ma una aspirazione della politica. E' in corso una campagna elettorale per scegliere una guida, un leader, appunto della città. E' una campagna difficile, frammentata, quasi polverizzata in tanti tempi e in tanti candidati. Forse sabato sulla scia del papa, che fa ben altro mestiere, abbiamo visto una sintesi, non solo spirituale di Genova. E ci ha confortato.