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Il candidato dei Cinquestelle: "Noi non prendiamo in giro i genovesi"
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Gli scontri pre elettorali non saranno un problema per il Movimento 5 Stelle, anzi, lo renderanno più forte. Ne è convinto Luca Pirondini, candidato sindaco di Genova per i pentastellati, che a Primocanale rilancia i punti forti del programma e attacca gli avversari in tema di lavoro: "Niente decrescita felice, ma noi non prendiamo in giro i genovesi".

Vi sentite più forti dopo il periodo delle divisioni e degli scontri o più deboli?

Penso che siamo più forti perché i partiti spesso i problemi se li portano nelle istituzioni, fingono di essere tutti d’accordo e poi escono fuori i problemi e si blocca la macchina amministrativa. Noi ora possiamo andare a velocità massima verso un risultato importante.

C’è stata all’inizio una sensazione di forte scontro, poi quasi una chiusura consensuale con Cassimatis.
Io l’ho vissuta quasi da spettatore. L’importante è che ora le cosa siano chiare e tutti sappiano che io sono il candidato del M5s a Genova.

Programmi. La maggior parte dei genovesi ha indicato nel lavoro il principale tema da risolvere. Qual è la vostra ricetta?
Non ci sono segreti, non esiste la bacchetta magica Mi preoccupa molto chi promette 30 mila posti di lavoro, noi sparate non ne faremo, ho rispetto per l’intelligenza dei genovesi. È una proposta superiore in proporzione a quella fatta da Berlusconi, un milione di posti che stiamo ancora aspettando. La deindustrializzazione non è stata ancora risolta, il calo demografico ha a che vedere molto con questo. Oggi per esempio la green economy ha il 10% dell’economia nazionale: bisogna decidere che tipo di industria bisogna avere e puntare qui. E poi il turismo, soprattutto legato a storia e cultura. Noi siamo la città di Paganini. Io ho visto economie nel mondo basate su un personaggio del Paese, come Salisburgo per Mozart. A Genova, in leggerissima controtendenza, abbiamo demolito la casa natale di Paganini negli anni ’70 insieme a via Madre di Dio…

Vale anche per Genova la decrescita felice?
Noi dobbiamo creare posti di lavoro ma non dobbiamo prendere in giro nessuno. Direi che la decrescita non è più di moda.

Veniamo al tema della sicurezza. Da che parte state? Serve la linea dura anche rispetto all’immigrazione?
Intanto separerei immigrazione e sicurezza. Sulla sicurezza sì, serve la linea dura. Oggi Genova non è sicura, chi dice il contrario non la vive abbastanza. Ci sono quartieri come centro storico e Sampierdarena dove la gente ha paura a uscire dopo le 7 di sera. È intollerabile. I vigili devono tornare a fare i vigili, bisogna combattere la desertificazione – non è possibile che ogni spazio vuoto venga riempito con un parcheggio o un centro commerciale.

Come si fa a conciliare tutto questo col bilancio?
Io parto da una cosa detta da Il Sole 24 Ore: in tutti i comuni amministrati dal M5s il bilancio viene risanato, probabilmente perché è trasparente. Il Comune di Pomezia ha portato il bilancio in tre anni da meno 7 milioni a più 12. Come ha fatto? Il sindaco ha risposto: semplice, non ho rubato.

Lei ha già in mente i nomi degli assessori? Li annuncerete se arriverete al ballottaggio?
No. Ma quando dovremo essere pronti ad amministrare avremo la giunta pronta.

Un altro tema è quello del decoro. In che modo si può cambiare?
A volte bastano piccole cose. Posto che sono tutti problemi legati tra loro, le faccio un esempio: nell’area del Porto Antico Amiu va a ritirare la spazzatura al le 22, ma i ristoranti chiudono dopo. La spazzatura resta fuori e arrivano i topi. Il degrado è anche figlio dell’organizzazione della macchina comunale

Le partecipate devono rimanere pubbliche?
Le partecipate in Italia sono 8 mila e hanno creato un buco da 84 miliardi, perché sono un carrozzone dove mettere parenti, figli, amanti. Con noi non succederà, saranno gestite in maniera meritocratica. Amiu deve rimanere pubblica, Amt deve rimanere pubblica.

C’è un quartiere di Genova che merita una rivoluzione?
Sampierdarena. È abbandonata. È in mano a quei cittadini che ancora hanno voglia di combattere, e quando succede così vuol dire che l’amministrazione ha fallito. E metto ex aequo il centro storico, dove ognuno è convinto di poter fare quello che vuole. Non è così. Come si fa? Con le regole. L’ordinanza anti movida è l’esempio di una regola sbagliata, perché mette tutti sullo stesso piano. Si devono ascoltare le persone che ci abitano e ci lavorano.