Mortaio e pestello. Sacri utensili del vero pesto genovese, ma anche totem culinario del mondo intero. Per celebrarlo, venerdì al Palazzo della Borsa, ci saranno esperti da tutto il mondo: Giappone, Messico, Stati Uniti e Francia. Giornalisti, critici e antropologi perché “il mortaio ha favorito lo sviluppo dell’umanità e l’evoluzione. È un elemento fondante della civiltà mondiale”, spiega Roberto Panizza, presidente dell’associazione culturale Palatifini che organizza anche i campionati mondiali di pesto al mortaio. Una tradizione inviolabile? Non proprio. Al posto del legno di faggio che sminuzza le foglioline di basilico, sempre più spesso oggi ci sono le lame metalliche del frullatore. Blasfemia? “Ma no, si può fare. Io sono favorevolissimo – confessa Panizza – non si può andare contro l’evoluzione. Meglio fare il pesto nel frullatore che non farlo. Stiamo sereni”. Ma non rischia di rovinarsi tutto? “Qualcuno mette la brocca nel congelatore per abbassare la temperatura ed evitare che si ossidi il basilico. Ma l’importante è usare materie prime di buona qualità. Quella è la vera chiave”.
Insomma, è un problema di evoluzione. Cambiano i tempi e bisogna adeguarsi. Così come nel tempo è mutata la ricetta. “Oggi è necessario codificarla, dobbiamo avere una convenzione per sapere bene cosa compriamo – dice il presidente di Palatifini – ma le nostre nonne non avevano nulla di scritto”. E allora, con buona pace dei fondamentalisti, anche la storica diatriba su burro e noci si risolve pari e patta. “Le noci? Un tempo si usavano spesso. Oggi la maggioranza le ha sostituite coi pinoli, che sono più dolci e delicati”. Mentre il burro, rivela Panizza, “si aggiungeva quando nel pesto c’era meno formaggio e più aglio e serviva ammorbidirlo”. Eresie - per non parlare della panna - che farebbero insorgere i genovesi di oggi, agguerritissimi anche sul web.
E per chiudere la carrellata delle (presunte) indecenze, diciamo sì pure alle famigerate “bavette col pesto”. E non solo quelle. “Se il pesto è così diffuso nel mondo è grazie al fatto che viene abbinato a piatti non liguri. In Russia e Nuova Zelanda non fanno mica trenette e mandilli de sæa”. Quindi, a parte lasagne e pizza ormai normalizzati, porte aperte alle invenzioni. “A Città del Capo, in Sudafrica, c’è un chioschetto che fa il panino col pesto. A Copenaghen ti chiedono se l’hot-dog lo vuoi con maionese, ketchup o pesto. A New York ci condiscono i fusilli. E perché no? Se il pesto è buono, usiamolo pure”.
Per chi, invece, si tiene stretta la tradizione l’appuntamento è il 7 aprile a partire dalle 9 del mattino, in cima a via XX Settembre, con il secondo meeting internazionale su mortai e pestelli nella cultura alimentare dei popoli. Sarà possibile degustare pesto e altre salse, ma anche portare i propri oggetti da esporre, fianco a fianco coi loro “cugini” da tutto il mondo. Basta tenerli da conto per il prossimo Pesto World Championship, previsto nel 2018. Lì non si sgarra: niente frullatore, niente noci e niente burro. Per il miglior pesto genovese possibile.
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