cronaca

Operazione 'Maluri': rubavano nelle case e non dichiaravano nulla
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Ci sono 113 conti correnti, 8 società, 53 veicoli. E poi 52 terreni e 29 immobili, tra cui anche ville da sogno in Svizzera e Sardegna. In tutto beni per circa 9 milioni di euro, 

Un vero e proprio tesoro, quello di tredici famiglie Sinti, distribuite tra i campi nomadi di Genova Bolzaneto, Asti e altre province del Nord Italia, scovato dai Carabineri nell'operazione 'Maluri' - questo il nome che i malviventi davano ai militari dell'Arma - coordinata dal procuratore capo di Genova Francesco Cozzi e dal sostituto Federico Manotti. Un maxi sequestro che ha portato con sé 12 misure di prevenzione patrimoniale, quelle che di solito si riservano ai presunti mafiosi.

Un patrimonio da nababbi, che secondo gli inquirenti è in gran parte provento di furti in appartamento. Decine i colpi messi a segno con tecniche anche sofisticate: antifurti disattivati, cassaforti tagliate con flessibili, sistemi di sicurezza elusi confacilità. Il denaro veniva poi reinvestito in acquisti di case e terreni, ma anche quote societarie e auto di lusso. I beni venivano intestati di solito a prestanome (almeno una trentina), perlopiù familiari con fedine penali immacolate. Per loro potrebbe scattare una denuncia per intestazione fittizia di beni.

L'operazione ha visto impegnati in tutto 60 militari, con un blitz in mattinata a Bolzaneto, insieme alla Guardia di finanza. I sinti non dichiaravano nulla o quasi al fisco, e questo ha fatto scattare gli accertamenti. Ma in alcuni casi, riferiscono le Fiamme Gialle, sono state le banche a segnalare operazioni sospette sui conti". Un patrimonio "pericoloso - ha rimarcato il comandante provinciale dei carabinieri Riccardo Sciuto - perché infiltra l'economia locale e la inquina". 

Il profilo "criminale" dei 13 sinti può essere sintetizzato in una frase intercettata dai carabinieri: "Si va a rubare tutti i giorni", dice Giovanni Mario Botto al fratello Alfredo. Le conversazioni dei due erano sotto controllo nell'ambito di una indagine su sette furti in appartamento, per cui sono stati condannati in secondo grado a quattro anni e otto mesi.

Oltre ai fratelli Botto i sigilli sono scattati per i patrimoni di Giacomo Lafleur, Antonino Greco, Romolo Laforè, Pietro Lafleur, Gaetano Dellagaren, Gianni Bresciani, Pietro Bianchi ,Domenico Bianchi, Valerio Bodino e Luciano Bodino. Hanno precedenti per furti in abitazioni, ma alcuni anche per rapine e sequestro di persona. Uno di loro era stato indagato perché trovato in possesso di una ricetrasmittente collegata alle frequenze della polizia, in modo da poterne sentire le comunicazioni. Le persone sottoposte alla misura economica, secondo l'accusa, avevano u

n tenore di vita completamente discordante rispetto alle dichiarazioni dei redditi presentate e le entrate economiche erano quasi certamente da ricondurre alle attività illecite (furti nelle abitazioni) messe in atto dai nuclei familiari.