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Proviamo a capovolgere il problema
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La caccia della politica ai possibili candidati sta diventando nevrotica. A sinistra sono appesi alla decisione, per altro già presa, salvo colpi di scena finali, da Luca Borzani, a un patetico sondaggio interno tra la decina dei nomi che circolano nel Pd, alla buona volontà di esponenti della Sinistra- sinistra, come Simone Leoncini, autolanciatosi, all'estemporaneità dell'iniziativa dell'editore Lorenzo Fazio, piovuto da cielo.

A destra ci sono roboanti annunci di vicinissime candidature, ma quel che traspare non è all'altezza del rullo dei tamburi. Altro che l'Enrico Musso di cinque e dieci anni fa....I grillini vanno avanti con le loro pratiche indolori, tra spaccature e scissioni, che non sono quel che sembrano agli occhi degli oservatori tradizionali: arriveranno in fondo, avranno il loro candidato, sarà anonimo e ciò comporterà la sua intrinseca forza, espressa da un movimento di “quantità” e non di “qualità”. Poi ci sono i coraggiosi e i volenterosi “civici”, come Arcangelo Merella con il suo “Ge9si”, che corre da solo e per ora fa l'unica vera campagna di temi e contenuti. Insomma, vista dal fronte della politica la situazione è questa. Demoralizzante, ma parziale rispetto alla città.

Tutta colpa della politica se esprime solo questo? Proviamo a capovolgere il problema. La politica offre questo e la città cosa offre alla politica? Ecco il vero problema, giunto oramai alle sue estreme conseguenze. Quali sono e dove sono le competenze, le forze, le rappresentanze che la sesta città italiana, per quanto depotenziata demograficamente, a caccia di un destino meno declinante, può mettere sul tappeto, quando suona l'allarme rosso del suo governo così difficile da affidare?

Insomma, vogliamo averlo il coraggio di guardarla da dentro questa città che assiste anche un po' schifata al balletto separato dei partiti e delle coalizioni a caccia del candidato? Si è come prosciugata, si è allontanata, ha deciso di non esprimere non solo possibili candidature, ma anche leadership in una classe dirigente rintanata nell sue stanze, sempre più piccole, sempre più distanti. Avrà ragione l'uscente sindaco Marco Doria, quando dice che non ci sono più in quel ruolo proponente “i corpi intermedi”, i partiti e i sindacati, svuotati nel corso degli anni dal loro carico di contenuti, ma anche di leadership possibili, di ruoli carismatici. Ma il resto?

Le cosidette “categorie “ che hanno sempre espresso figure “forti”, magari un po' renitenti a schierarssi nelle prime file della politica, ma disponibili a giocare ruoli nella società politica, anche solo come civil servant, si sono “tagliate fuori”. Certo: hanno meno forza in questa società decomposta e liquida. Ma esistono sempre e cavalcano l'attualità. In prima linea non si va più, maniman... o, se ci si va, bisogna avere spalle coperte.

Quando la politica bussa alla porta di quei personaggi che per competenza, responsabilità nelle proprie categorie, qualità professionale, si sono imposti, chiedendo un impegno diretto, una mobilitazione, la risposta negativa parte sempre dall'impossibilità di uscire dal proprio steccato “nei tempi difficili in cui siamo”. Gli esempi sono numerosi. Saremmo troppo cattivi se facessimo dei nomi, ma quanti ne abbiamo sulla punta della lingua!

E non è solo per scarsa fiducia nella politica frantumata di oggi, per il rischio tanto sventolato di finire nelle grinfie di inesorabili inchieste o trappole giudiziarie, come è capitato_ un caso su tutti _ alla sventurata Marta Vincenzi. O di trovarsi pesanti richieste della Corte dei Conti per presunti errori di amministrazione, come è capitato a Beppe Pericu, che ne è uscito alla grande. C'è un connotato più “intimo”, più “profondo” che frena la disponibilità a uscire dal proprio guscio e attiene alla città di oggi a come è e a come si esprime nelle sue dinamiche di partecipazione a quello che una volta retoricamente si definiva “bene comune” e che chiamava a “un servizio” nell'interesse collettivo.

Qui sta la vera sofferenza di Genova, che non è solo l'incapacità di una classe politica a trovare il candidato all'altezza. E' anche la ritirata oltre ogni previsione dei suoi corpi intermedi e delle sue categorie produttive, della sua intellighentia intesa come classe pensante, dei suoi imprenditori, dei fronti avanzati e dinamici del suo residuo di sviluppo. Aprire un dibattito su questo probabilmente aiuterebbe anche gli sventurati partiti a fare il loro “sporco” lavoro.

La politica si arrovella. Il resto è una coltre di silenzio, un' aspettativa, che non è più neppure delusa e che si riduce alla domanda sconsolatamente in voga da un ambiente all'altro, da un circolo all'altro, da un salotto all'altro, da un ufficio all'altro: ma allora chi candidano, ma allora chi possiamo votare? Se votiamo.