cronaca

"Fumare canne non è normale. Non sono stata capace di colmare il tuo vuoto"
5 minuti e 37 secondi di lettura
Gli occhi lucidi, lo sguardo di chi non riesce a crederci, centinaia di persone. Lavagna si stringe intorno alla famiglia del ragazzo che a soli 16 anni si è ucciso gettandosi dal terzo piano di casa sua durante una perquisizione della Guardia di finanza. Un intervento che, come emergerà in seguito, fu chiesto dalla stessa madre adottiva del ragazzo. Gli agenti lo avevano trovato con qualche grammo di hashish all’uscita dal liceo e lo avevano seguito fino in piazza Torino, dove viveva con la donna. Una lite e poi il gesto, drammatico, improvviso.

Nella basilica di Santo Stefano i funerali con parenti, amici e i tanti conoscenti. "Nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta", recita uno striscione fuori dalla chiesa gremita. Sulla bara la maglia dell’Entella, quella con il numero 15 che indossava nelle giovanili, la cosiddetta Accademy. A celebrare le esequie è don Andrea Buffoli, cappellano della Virtus: "Noi non siamo i nostri sbagli ma siamo le nostre cose belle – ha detto – È stato un riferimento per tanti: era una bandiera e come tutte le bandiere per essere animate hanno bisogno di vento". La famiglia ha ringraziato la Guardia di finanza.

"Vi vogliono far credere che fumare una canna è normale, che faticare a parlarsi è normale, che andare sempre oltre è normale - dice la mamma adottiva ai tanti giovani presenti - Qualcuno vuol soffocarvi. Diventate protagonisti della vostra vita e cercate lo straordinario. Straordinario è mettere giù il cellulare e parlarvi occhi negli occhi. Invece di mandarvi faccine su whatsapp, straordinario è avere il coraggio di dire alla ragazza sei bella invece di nascondersi dietro a frasi preconfezionate".

"Straordinario - prosegue la madre - è chiedersi aiuto proprio quando ci sembra che non ci sia via di uscita. Straordinario è avere il coraggio di dire ciò che sapete. Per mio figlio è troppo tardi ma potrebbe non esserlo per molti di voi, fatelo".

Poi si è rivolta ai genitori: "Noi genitori invece di capire che la sfida educativa non si vince da soli nell'intimità delle nostre famiglie, soprattutto quando questa diventa una confidenza per difendere una facciata, non c'è vergogna se non nel silenzio: uniamoci, facciamo rete", ha aggiunto. "In queste ore ci siamo chiesti perché è successo, ma a cercare il perché ci arrovelliamo. La domanda non è perché, ma come possiamo aiutarci. Fate emergere i vostri problemi".

Infine, il ringraziamento alla Guardia di Finanza: "Un pensiero particolare va alla Guardia di Finanza. Grazie per avere ascoltato un urlo di disperazione di una madre che non poteva accettare di vedere suo figlio perdersi ed ha provato con ogni mezzo di combattere la guerra contro la dipendenza prima che fosse troppo tardi. Non c'è colpa nè giudizio nell'imponderabile e dall'imponderabile non può che scaturire linfa buona con ancora più energia per la lotta contro il male, grazie".

"Le ultime parole sono per te, figlio mio. Perdonami per non essere stata capace di colmare quel vuoto che ti portavi dentro da lontano. Voglio immaginare che lassù ad accoglierti ci sia la tua prima mamma e come in una staffetta vi passiate il testimone affinché il tuo cuore possa essere colmato in un abbraccio che ti riempia per sempre il cuore. Fai buon viaggio piccolo mio", ha concluso la donna.

"E' stata la mamma del ragazzo a rivolgersi a noi, quella stessa mattina venendo in caserma, perché non sapeva più cosa fare. Aveva provato tante volte a cercare di convincerlo a smettere ma non sapeva più come fare", conferma più tardi il comandante provinciale della Guardia di Finanza Renzo Nisi.

"Quella di questo ragazzo - prosegue il comandante - è una famiglia da ammirare
perché non ha fatto finta di nulla, perché ha avuto il coraggio di non nascondersi dietro a un problema. Un problema che c'era, anche banale, ma c'era. La mamma si è data da fare in tutti i modi e alla fine si è rivolta a noi".

"Quello che è successo - sottolinea Nisi - è una cosa imponderabile,
fuori da quello che umanamente uno si può immaginare. La mamma del giovane è venuta in caserma e ci ha detto che il figlio usava droghe leggere, che aveva paura che fosse finito in un brutto giro. Abbiamo capito che non ci trovavamo davanti a un criminale e siamo intervenuti quasi con una finalità pedagogica visto che erano appunto pochi grammi. Noi siamo al servizio dei cittadini - conclude l'ufficiale - e capita a volte che siano gli stessi genitori a chiamarci per chiederci aiuto. Abbiamo agito con tutte le cautele del caso, ma è stato un fatto davvero imponderabile".

Una vicenda che ha scosso la comunità del Tigullio e l’Italia intera, alla disperata ricerca di un colpevole per una morte che non si può accettare. Fin dalle prime ore sono partiti accuse e appelli contro il proibizionismo, come quello di Giuseppe Manconi, senatore del Pd: “Legalizzare i derivati della cannabis”. Così anche i radicali e molti voci della sinistra.

Su Facebook si è mobilitato pure Roberto Saviano, da anni attivo per la depenalizzazione delle droghe leggere con l’obiettivo di sottrarle al controllo della mafia. Nel suo post parla di un’evidente “sproporzione” rispetto “all'assenza totale di forze dell'ordine nelle piazze di spaccio a cielo aperto delle periferie romane o napoletane, da dove presumibilmente quel fumo era arrivato”.

Parole che scatenano il dibattito.
Certo, se quella sostanza fosse stata legale, nessun uomo in divisa si sarebbe presentato a casa sua, niente avrebbe fatto esplodere il senso di colpa, la vergogna e la paura per le conseguenze future. Ma c’è chi fa altre domande. Perché un ragazzo di 16 anni fa uso di stupefacenti? Perché una reazione così drastica di fronte all’errore e al conflitto in famiglia? E che differenza fa, a questo punto, se a spacciare è lo stato oppure la mafia? “Quella droga in mano ai ragazzi non deve proprio finirci”, dicono tanti papà e mamme.

Speculazioni in pasto al web, mentre in questa piazza del Levante ligure c’è solo dolore e sgomento. C’è il dramma di una famiglia conosciuta, per bene, che stavolta non si può iscrivere alla voce ‘disagio sociale’. C’è l’ombra tetra della morte su una gioventù di cui tutti parlano ma che ben pochi ascoltano.