cronaca

Arvedi, Cdp, Jsw Steel e Delfin col colosso Jindal
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Pochi giorni e il futuro di Ilva sarà più chiaro. L’8 febbraio le due cordate in prima fila per l’acquisizione degli stabilimenti di Genova presenteranno al Governo le offerte vincolanti. E in quella occasione dovrebbero essere rivelati anche i piani industriali. C’è molta attesa, soprattutto dopo la doccia fredda su Taranto e Marghera, 5 mila in cassa integrazione. E proprio sul fronte occupazionale i sindacati fanno un primo distinguo tra le due proposte.

“Proviamo a non fare il tifo per nessuno – spiega Bruno Manganaro, segretario genovese della Fiom – ma ci sono già dichiarazioni indicative”. Da una parte c’è il gruppo Marcegaglia-Ancelor Mittal che ha chiarito di voler produrre solo per il mercato italiano. “Ma un gruppo che produce solo per l'Italia non ha grande futuro. Ridurre la produzione significa meno occupati. Mittal poi ha tanti stabilimenti in Europa, si può anche comprare per chiudere”.

Di fronte al rischio di vedere la produzione ridimensionata e infine liquidata, la cordata di Acciaitalia capitanata dal colosso Jindal con Arvedi, Cdp, Jsw Steel e Delfin sembra offrire maggiori garanzie: “Non risultano esserci limiti di produzione se non ambientali. Tenere in piedi tutta l’occupazione è un obiettivo importante, crediamo sia il governo che debba decidere”. Queste due, in sostanza, le risposte credibili rispetto alle poche altre arrivate.

E sulla possibilità di esuberi anche a Genova, Manganaro conferma la linea dura: “Se qualcuno pensa di scaricare qui la quota di potenziali esuberi abbiamo già detto di no. Ricordiamo che c’è un patto, un accordo di programma che va rispettato e che abbiamo difeso in una grande manifestazione a Genova un anno fa. I patti vanno rispettati”.