cronaca

Tra il 21 e il 23 gennaio, indaga il procuratore Cozzi
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Una vendetta di una ditta che potrebbe non avere avuto in appalto la rimozione del materiale più remunerativo, uno "sfregio" per renderlo invendibile. È una delle ipotesi al vaglio degli investigatori che indagano su due misteriosi incendi divampati, tra il 21 e il 23 gennaio a bordo del relitto della Concordia, la nave da crociera naufragata nel 2012 davanti l'isola del Giglio e in cui morirono 32 persone.

Quel che resta della nave è adesso ormeggiato nel Superbacino di Genova per essere definitivamente smantellato. L'inchiesta è in mano al procuratore capo di Genova Francesco Cozzi e all'aggiunto Vittorio Ranieri Miniati, che indagano per incendio doloso. Ma nei prossimi giorni verrà assegnata con ogni probabilità al gruppo che segue la criminalità organizzata.

Un primo incendio si era sviluppato lo scorso 19 gennaio ma i vigili del fuoco hanno appurato che le fiamme erano state causate da una fiamma ossidrica usata dagli operai. Nei giorni successivi, però, sono divampati altri due roghi quando non erano in corso lavori: per i pompieri si tratterebbe di roghi appiccati volontariamente.

I lavori fino a oggi eseguiti hanno visto oltre 50 mila tonnellate di materiali rimossi di cui l'80% inviato a recupero, migliaia e migliaia di tonnellate di acciaio rivendute. Il relitto è stato ceduto dall'assicurazione della compagnia di navigazione al consorzio Ship Recycling costituito da Saipem (51%) e San Giorgio del Porto (49%) per la gestione dello smantellamento e del riciclo con una commessa di circa 100 milioni di euro. Ma a bordo della Concordia lavorano gli operai di circa 20 ditte in subappalto. Da qui l'ipotesi di una vendetta, anche se non si esclude la pista delle ritorsioni.