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I dubbi dell'ex allenatore blucerchiato
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Nemmeno ai cani davanti a un osso, agli adolescenti di fronte a una minigonna sale l'adrenalina come a Massimo Ferrero appena agguanta un microfono. In costante antitesi al saggio principio per cui la parola migliore è quella non detta, in aperto spregio degli inviti alla moderazione che i tifosi gli avevano fatto pervenire, nell'ennesima intervista il patron blucerchiato non ha trovato di meglio che prendersela con Zenga, ma stavolta l'ex portiere è andato all'attacco prendendo in contropiede l'ex datore di lavoro.

Oggi, stando a Ferrero, sembrerebbe che Zenga sia arrivato sulla panchina della Sampdoria a sua insaputa. La scorsa estate però era stato proprio lui a imporre “Coach Z.” contro tutto e contro tutti, preferendolo a Sarri «che voleva giocare al calcio» e a Sousa «ragioniere». «Ci siamo visti – disse allora - e subito ci siamo piaciuti, l'ho preso perché ha fame, per il dopo Sinisa è il meglio».
Perfino tra i suoi più strenui sostenitori, quando i fatti mettono all'angolo le opinioni, si scantona sospirando nel «ma non bisogna prenderlo sul serio». Il che, per il custode di settant'anni di gloriosa storia sportiva di popolo, preoccupa. Ma restiamo a Zenga, esonerato in autunno, rimpianto poche settimane fa («Non dovevo esonerarlo così presto») e adesso disconosciuto perfino nella scelta: «Mi sono fidato dei miei collaboratori, hanno fatto tutto loro. Ora è in tv e mi sembra che quello sia il lavoro suo. Alla Rai dico di fargli un bel contratto».

Gelosia per un personaggio che in tv, va detto, per simpatia eloquio e presenza riesce molto meglio di Ferrero, fin dai tempi delle trasmissioni condotte con Fabio Fazio? Chissà. Fatto sta che Zenga non ha incassato in silenzio, con un messaggio via Instagram («Come al solito, si dimostra per quello che è... Magari lui, dovrebbe tornare al suo lavoro, il cinema»), crivellato di dieci hashtag uno più acre dell'altro: «#pensaprimadiparlare», «#rispettalescadenze», «#pensaaltuofuturo», «#smettiladimentire», «#staisereno», «#ricordatichisei», «#autoesonerati», «#nonparlarepiù» «#nonparlaresenonsai» e «#nonparlaredime». Insomma, a Zenga è saltato il tappo. Ma quel «rispetta le scadenze» sembra riecheggiare il siparietto post derby Eder-Soriano, «fatti cedere così ci pagano gli stipendi». Il botta e risposta potrebbe proseguire, chissà; lo stile Sampdoria, intanto, ormai è roba da “Chi l'ha visto?”.