Ericsson vara un piano di 137 esuberi, Noberasco aumenta del 40 per cento il suo organico. In Liguria sono le due facce della stessa medaglia, chiamata Jobs Act. Il premier Matteo Renzi ne ha fatto un feticcio: è la formula del contratto a tutele crescenti, con annessi sgravi fiscali per tre anni e l'abolizione dell'Articolo 18.
"Aumenta l'occupazione" va ripetendo il capo del governo come una madonna pellegrina. "Stabilizza a tempo dei precari, perché la formula del tempo indeterminato è solo apparenza, venendo meno il paracadute dell'Articolo 18" obiettano gli scettici, a cominciare dalle organizzazioni sindacali.
Se la prendiamo per il verso renziano, non c'è dubbio che il Jobs Act almeno crei maggiori occasioni di incontro fra imprese e chi cerca un lavoro. Ma la stabilità di questi rapporti, come dicono i dissenzienti, non è affatto garantita dalla nuova normativa, andrà ricercata fra le parti.
Questo riconduce, allora, alla ovvia constatazione che l'occupazione non si crea per legge. Ha bisogno di idonee condizioni, prima fra tutte la crescita economica. E la crescita la costruiscono da una parte la politica e, dall'altra, le buone imprese. Grandi o piccole che siano.
La politica è quella nazionale, che deve mettere in campo meno fisco, un costo del lavoro ragionevole, meno burocrazia, una giustizia più celere ed efficace. Per spingere i consumi interni e favorire gli investimenti, anche quelli provenienti dall'estero.
Ma c'è anche la politica locale ad avere un ruolo. Se si pianifica una realizzazione come il villaggio hi-tech degli Erzelli, a Genova, non si può pensare che la chiave di tutto sia portarci la facoltà di Ingegneria e non prevedere un piano scientifico al quale siano agganciate le aziende giuste e che seriamente siano interessate all'operazione. È accaduto l'esatto contrario, con in più una deriva immobiliaristica quando ci si è accorti che il progetto faceva acqua da tutte le parti. E tralasciando il dettaglio non marginale di non aver risolto in concreto il nodo di come portare ogni giorni sulla collina oltre cinquemila persone.
Quanto alle imprese, quelle buone alla Noberasco colgono al meglio l'opportunità. E altrettanto fanno quelle più piccole, che oggi accettano ordinativi che magari in passato rifiutavano proprio per non scollinare la fatidica soglia dei 15 dipendenti che li avrebbe proiettati nel mondo dell'Articolo 18 senza sapere se alla lunga avrebbero retto la nuova condizione.
Ma quante sono le aziende che furbescamente oggi tagliano i posti con la prospettiva di reintegrarli attraverso le formule meno onerose e a più bassa tutela del Jobs Act? Purtroppo molte e questo uso distorto della normativa andrà in qualche modo rivisitato, come sta accadendo per i vaucher, se si vuole che il Paese torni davvero a crescere.
Il mantra degli imprenditori è che i lavoratori sono il principale patrimonio di un'azienda. In nome di questo principio, molti di loro sono arrivati anche a gesti estremi quando si sono trovati nell'impossibilità di pagare gli stipendi o di fare fronte agli altri impegni assunti. Ma per tanti imprenditori appassionati e perbene, ce ne sono che hanno come unico faro il profitto a qualsiasi costo. E non sono una sparuta minoranza, come si vorrebbe far credere.
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Occupazione e Jobs Act, una Liguria a due facce
Numeri e scenari contraddittori, la crisi morde ancora
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