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Dibattito acceso in vista della scadenza della concessione Stato-Rai
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Rai uguale servizio pubblico, servizio pubblico uguale Rai. Per anni l'equazione è stata questa. Il servizio pubblico era tutto ciò che faceva la televisione di Stato. Giusto o sbagliato che fosse, questa opinione era presa come fosse un dato di fatto. L'impressione in quest'ultimo periodo è che qualcosa stia cambiando, che il vento inzi a soffiare in un'altra direzione.

L'avvicinarsi della scadenza della concessione Stato- Rai - la data da segnare sul calendario è quella del 6 maggio - ha creato l'humus ideale per un dibattito che sta fiorendo e diviene ogni giorno più interessante. Cos'è il servizio pubblico? Cosa distingue la Rai dagli altri soggetti che operano sul mercato televisivo? Cosa giustifica che il canone vada interamente a Viale Mazzini? Queste sono solo alcune delle domande che cominciano a emergere nel dibattito pubblico dopo anni di silenzio.

Un input importante a questo dibattito è stato dato dal senatore ligure Maurizio Rossi, che da tempo chiede una definizione di servizio pubblico utile a decidere nella maniera corretta cosa dovrà accadere dopo il 6 maggio. Già, perché al momento nessuno è in grado di sapere quello che succederà dopo la scadenza della concessione Stato-Rai e una proroga al buio ultradecennale potrebbe esporre l'Italia a sanzioni da Bruxelles. È per questo che il senatore Rossi ha proposto nelle scorse settimane una proroga di un anno alla Rai per approfondire un dibattito, quello sul servizio pubblico, che nel Regno Unito è durato due anni.

Ma, mentre il governo sembra non accorgersi dell'impellenza di questo tema, la richiesta di risposte aumenta sempre più. Risposte a domande come quelle che, ad esempio, ha posto Urbano Cairo nel corso del Convegno "Microfoni @perti" dello scorso 26 gennaio a Palazzo Giustiniani. "È giusto che tutto il canone vada alla Rai?", ha chiesto l'editore nella conclusione del suo intervento. "Ma siamo sicuri che la Rai faccia tutto questo servizio pubblico? Tre reti generaliste, 10 reti tematiche.. Qual è il servizio pubblico di Rai Movie? Di Rai Gulp? Di Rai Yoyo? Di Rai Sport 1, Rai Sport 2? Siamo così sicuri che il Tg di Mentana sia così meno servizio pubblico Del Tg di Rai?", ha chiesto Cairo, chiudendo con un laconico "domanda senza risposta".

L'aspetto più interessante di questa vicenda riguarda però le posizioni che stanno assumendo ex vertici di Viale Mazzini. Come Carlo Rognoni, ex consigliere di amministrazione della Rai, che nelle scorse ore si è chiesto: "A che serve la Rai?", ribadendo che "la domanda è più che pertinente", specie con l'avvicinarsi della scadenza del 6 maggio. Ma sono tante le domande che attendono una risposta: "vanno bene tutte le reti di oggi (una quindicina, quante nessun servizio pubblico ne ha in Europa?". E ancora: "il rapporto con i territori, con le tv locali, deve andare avanti come oggi?".

Su quest'ultimo tema sono da registrare le parole rilasciate da Maurizio Gasparri a Primocanale nelle scorse ore. L'ex ministro per le Comunicazioni, che diede il nome alla legge in materia di radiotelevisione del 2004, ha infatti dichiarato che "il servizio pubblico può essere svolto anche dai privati”. Una dichiarazione che ribadisce come l'equazione, data per scontata per anni, Rai uguale servizio pubblico sia messa sempre più in discussione.

A riprova di ciò ci sono anche le parole rilasciate da Giovanni Minoli, altro ex uomo chiave di Viale Mazzini, nel corso di DiMartedì con Giovanni Floris. In merito alla scadenza del 6 maggio, l'ex direttore di Rai 2 e Rai 3 ha dichiarato che il direttore generale della Rai Antonio Campo Dall'Orto "dovrà spiegare perché la Rai è servizio pubblico. Dire com'è organizzata e presentare il palinsesto della nuova Rai servizio pubblico che merita tutti quei soldi in più. Auguri, perché non sarà un’impresa facile". Minoli ha poi sottolineato il servizio pubblico svolto da molte televisioni locali, le quali potrebbero ambire a una fetta di canone.

Insomma, il dibattito relativo al servizio pubblico radiotelevisivo è attraversato da un vento nuovo.
Dal senatore Maurizio Rossi a Giovanni Minoli, da Urbano Cairo a Carlo Rognoni sono in molti a chiedere di fare un passo in avanti. Di rispondere a quei dubbi e a quelle domande. Altrimenti il rischio all'indomani del 6 maggio è quello del caos.