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Il segretario nazionale della Fiom: "Ci vuole una strategia per tutto il sistema"
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Nessuno spezzatino, tenere gli occhi aperti sul processo di vendita e fare sistema con tutto il settore. Il segretario nazionale della Fiom Federico Landini, a Genova per il coordinamento nazionale sulla siderurgia, a Primocanale ha parlato di Ilva e non solo. "Le manifestazioni di interesse sono tante, ma pensiamo che debba farsi avanti qualche realtà pubblica", ha detto nell'intervista condotta da Giovanni Porcella.

Partiamo dal caso Ilva: di cosa c'è bisogno dopo l'incontro romano?
Qui a Genova abbiamo fatto una riunione di tutti i delegati e di tutto il gruppo d'Italia, Ilva non è un problema solo di Genova. Stiamo parlando di 40mila posti di lavoro. Se vogliamo essere un paese industriale degno di questo nome, abbiamo bisogno di un'industria siderurgica di qualità. C'è un problema generale sulla siderurgia. Ora ci aspettiamo trasparenza. Il fatto che ci siano tante dichiarazioni di interesse intorno al gruppo Ilva significa che vale la pena fare investimenti, perseguire il rilancio e non il ridimensionamento, rifaqualificare e rendere sostenibili gli stabilimenti. Ma anche usare tutte le competenze che ci sono. Bisogna che i piani industriali vengano alla luce, va mantenuta l'integrità del gruppo e non è possibile svendere o fare uno 'spezzatino'. Per fare gli investimenti che servono, in manutenzioni e tecnologie, servono almeno 4 miliardi. Secondo noi non c'è nessun gruppo in grado di fare un'offerta di questo genere. Anche per via dei soldi persi dal Governo in questi anni, pensiamo sia necessaria una soluzione che veda anche una presenza pubblica. Può essere la Cassa Depositi e Prestiti o altre forme. Serve una discussione trasparente sul piano industriale. Chiediamo che, prima di prendere una decisione, ci sia possibilità di conoscere il piano.

Era un po' di tempo che mancava un incontro per capire le strategie del Governo.
Sì, teniamo conto che siamo riusciti dal 2013 a far convocare dal Governo tutte le imprese siderurgiche. Da allora non è mai più stato riconvocato. Da lunedì, insieme a Fim e Uilm, chiederemo che si riattivi questo tavolo, tatto tanto più perché tanti gruppi si sono interessati. Questo conferma che la siderurgia è un sistema integrato. L'Europa, poi, non può lasciare che la Cina venga a vendere senza dazi e senza regole. Questa concorrenza sleale rischia di far saltare migliaia di posti. Il Governo deve giocare un ruolo di salvaguardia Intorno alla vicenda Ilva si stanno giocando i destini del sistema industriale del nostro Paese. Ci vuole trasparenza e un ottico pubblico molto attento per garantire scelte nell'interesse dei lavoratori?

Preoccupato per le proposte che arrivano dai colossi Sud-Est asiatico?
Oltre a come si chiama e se è italiano o straniero, mi interessa in realtà capire perché sono interessati e quali progetti vogliono mettere in campo. Nel 2015, per la prima volta, anche in Cina c'è stato un calo del mercato. I grandi gruppi hanno chiuso il 2015 con perdite. È evidente che si tratta di qualificare l'attività, noi siamo capaci di fare acciai speciali, Ilva è un ciclo integrale che non c'è da nessuna parte. Ovviamente va messo a posto perché a Taranto non ha funzionato, ma il primo punto è scegliere che l'Italia continui a essere un paese capace di produrre acciaio di qualità. È un modo per competere, il Governo non può lavarsene la mani ma deve assumersi tutta la responsabilità di una soluzione positiva

Dopo i tre giorni di blocco a Genova l'incontro romano, i sindacati hanno detto che la Fiom ha fatto una fuga in avanti non necessaria. Lei cosa risponde?
Non voglio fare polemiche. Ho sempre puntato all'unità dei lavoratori, le iniziative della Fiom sono state prese in assemblee per difendere occupazione di tutti. Essere partiti ponendo il problema dell'applicazione dell'accordo di programma per Genova è stato un elemento che non ha aiutato solo Genova. Un Governo deve rispettare gli accordi di qualità e nel processo di vendita la tutela dell'occupazione è un punto generale. Vorrei far notare che dopo Genova c'è stato uno sciopero unitario a Taranto e anche nel resto del gruppo.

La Piaggio rappresenta un'altra ferita aperta con preoccupazioni per il lavoro. Il Governo deve fare di più? E gli enti locali?

È indubbio che non siamo usciti dalla crisi industriale. Siamo in una fase di scelte strategiche. Siamo di fronte a multinazionali che scelgono dalla sera al mattino cosa fare. Abbiamo una legislazione carente. E il Governo ha pensato, sbagliando, che i problemi si risolvono rendendo più facili licenziamenti e dando contributi alle imprese. Ma non è così.