economia

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La visita di Maurizio Lupi a Genova merita alcune riflessioni a freddo. Partendo dal fatto che nel capoluogo ligure lo ha portato la competizione elettorale per le europee, come capolista del Nuovo centrodestra nella circoscrizione Nord-Ovest. Ovvio che questo ruolo abbia pesato sulle cose dette, e soprattutto non dette, a proposito dei molti grandi temi che il suo dicastero, quello delle Infrastrutture, ha sul tavolo e che riguardano il futuro della Liguria.

Per rastrellare voti e ben sapendo che non lascerà lo scranno di governo per trasferirsi all’europarlamento, Lupi mette a disposizione del partito nato da una costola del Pdl la sua immagine personale e la sua funzione di ministro. Della prima lo lasciamo a preoccuparsene da solo, poiché il problema è suo, la seconda invece riguarda tutti e chiama in causa la legittima aspettativa dei cittadini di avere risposte puntuali e nette se le domande vengono formulate a un ministro della Repubblica. Che dentro l’esecutivo ci sta per affrontare e risolverli, i problemi, non per farne un’elencazione e auspicare che, poi, accada il miracolo.

E’ lo stesso Lupi, del resto, ad affermare: “La vera sfida è passare dalle promesse ai fatti”. Ben detto, è così. Ma se poi ripercorriamo il succo di quella sfida, provando a vedere come si traducono in pratica le molte parole pronunciate dal ministro durante la visita genovese, l’ostacolo si rivela insormontabile. Nessun impegno autentico sul raddoppio ferroviario del Ponente, l’enunciazione del principio per cui l’aeroporto di Genova deve aprirsi al mercato in modo da favorire costi inferiori per i liguri che utilizzano l’aereo, la sollecitazione al mondo portuale di fare sistema “perché la competizione non è tra Genova e Savona, ma tra Genova, Savona e Spezia con Rotterdam”, una bacchettata alle istituzioni locali perché sulla Gronda “a furia di veti si ritarda la realizzazione dell’opera a discapito dei cittadini”.

Concetti ineccepibili. Ma, appunto, solo concetti. Nulla che neppure lontanamente somigli alla declinazione di fatti che il ministro e il suo ministero stanno per concretizzare al fine di dare corso alla soluzione dei problemi. Che sono liguri e che però, per stessa ammissione di Lupi, riguardano “l’interesse dell’intero Paese”, investendo un elemento chiave dello sviluppo economico, cioè la competitività dell’Azienda Italia.

Sia chiaro, a Lupi va dato atto di essere tra i pochi esponenti di governo che la faccia ce la mettono, di “sbattersi” quando si creano emergenze tipo quella della frana di Andora che ha diviso in due la Liguria ferroviaria e bloccato il collegamento fra il nostro Paese e la Francia. Ma è discutibile che sia planato a Genova, tanto più nella previsione di chiedere voti per sé e il suo nuovo partito, senza offrire un impegno che sia uno su opere alle quali, fra l’altro, il resto d’Europa guarda con attenzione.

Un’esagerazione? Mica tanto. Per un attimo lasciamo perdere tutti i discorsi di macroeconomia legati alle inesistenti infrastrutture liguri e soffermiamoci semplicemente sulle condizioni e sui pensieri delle migliaia e migliaia di turisti stranieri che annualmente affollano la regione: anche loro vivono i disagi e gli spostamenti da odissea quotidianamente riservati a chi deve muoversi fra Ventimiglia e Sarzana o deve tentare di uscire dalla cinta daziaria regionale per raggiungere il resto del Paese o del continente. E non raramente fanno sentire il loro malumore per vacanze rovinate da code interminabili o spostamenti impossibili.

Se Liguria Civica, il movimento fondato dal senatore Maurizio Rossi, ha incontrato il subitaneo sostegno delle categorie economiche, e non solo, lanciando una campagna per dire “No all’isolamento della Liguria”, vuol dire che già in sede locale c’è la piena consapevolezza di quali siano i problemi. Bastano e avanzano loro per avere la fotografia sella situazione. Al ministro non tocca il compito di cesellare quell’immagine, tocca quello di modificarla profondamente. Fino a cancellarla. Risolvendo i problemi o almeno spiegando come intende farlo. E’ questo che ci si aspetta. Anche quando a Genova ci arriva portato da una delle tante campagne elettorali.