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Lo scrittore italiano più tradotto al mondo dopo Dante il 15 ottobre avrebbe spento 90 candeline. Tra l’indifferenza generale dei suoi concittadini. Italo Calvino ha vissuto i primi 25 anni della sua vita a Sanremo, città che per lo scrittore è sempre stata madre e matrigna. Nel centro in cui il sole splende per 2000 ore all’anno il giovane Italo si è formato come uomo, combattente e scrittore.

Nato all’Avana, a Cuba, dove il padre lavorava come agronomo, oggi Calvino è tradotto in 48 lingue. Fu il primo italiano a tenere le Norton Lectures all’Università di Harvard e a quasi un secolo dalla nascita resta ancora un personaggio ingombrante. Anche per la cultura italiana, per la sua incapacità di rinnovarsi soprattutto al di fuori dei confini nazionali. Nei suoi capolavori ha sempre legato la riflessione sulla storia e la società.

La Biblioteca Civica di Sanremo custodisce 12mila pubblicazioni con più di mille volumi monografici, 212 periodici e 10mila opuscoli che i fratelli Floriano e Italo donarono alla città nel 1979, un anno dopo la morte della madre. Il Fondo Calvino-Mameli rappresenta da allora un archivio ricco quanto sconosciuto a molti, importante per gli studi di carattere agricolo sulla Liguria. Un esempio ulteriore del legame con una città che meglio potrebbe valorizzarne l’eredità fisica e culturale.

Per Calvino la scrittura andava interpretata come ‘reazione al peso di vivere’. Una ricerca tipica del rapporto con la quotidianità dei sanremesi. Un retaggio che affonda le sue radici nel tempo e che lo scrittore ha saputo fissare a futura memoria tracciando un percorso letterario. Chissà come avrebbe interpretato con la sua leggerezza, da arzillo novantenne, il periodo di crisi attuale.

Anche per questo motivo il nome di Italo Calvino va inserito nella lista degli intellettuali morti troppo presto. E nella lista di quei cittadini illustri che un sindaco e la sua municipalità hanno il diritto/dovere di ricordare e valorizzare. Perché, come scriveva a conclusione delle sue Lezioni americane: “Per esaurite che siano (le storie), si continua a raccontare ancora”.