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Consegnare la Sampdoria a un personaggio inadeguato è il “peccato originale” da cui faticano a emendarsi i Garrone, che valgono 4 miliardi di capitalizzazione in Borsa e che hanno appena incassato 1 miliardo dalla vendita di una quota di minoranza a un fondo australiano. Non sarebbero mancate loro le risorse e le conoscenze non diciamo per andare avanti senza troppi patemi, ma soprattutto per trovare un erede migliore di Ferrero.

L’errore di nove anni fa non solo permane, ma si aggrava nelle conseguenze. La Sampdoria non era certo nei desideri e nemmeno nei piani del patriarca Riccardo, il cui intervento di ventun anni fa aveva avuto radice in un errore di valutazione - peraltro solidaristico - cui riparare, nel segno di una parola d'onore sola e mantenuta fino alla fine. Così Garrone senior rilevò la società dai Mantovani per una questione di principio.

Un’altra questione di principio rischia adesso di affossare l’Unione Calcio Sampdoria 1946: la ferma volontà di salvare il club senza riconoscere alcunché al destinatario del dono di nove anni fa, con il rischio concreto di far saltare tutto.

Tutto nasce dalle divergenze interne alla dinastia dopo l’avvicendamento generazionale. Alessandro per nulla interessato al calcio, anzi appassionato e valente ciclista amatoriale; Edoardo fortemente coinvolto per passione, perché tifoso da sempre, fino ad assumere la presidenza alla scomparsa del padre. Il tema antico era il peso della Sampdoria sui conti della capogruppo, un peso peraltro anche dovuto a mancanza di visione specifica.

La persistente diversità di posizione emerge da due dichiarazioni pubbliche: "L'unica promessa che vi posso fare è che prima che la Sampdoria muoia, e non morirà, io farò tutto quello che è nelle mie possibilità per evitarlo" (Edoardo Garrone in diretta a Primocanale, 11 giugno 2019); "Per noi la Sampdoria è storia chiusa, quello che dovevamo fare lo abbiamo fatto nei tredici anni in cui è stata nostra" (Alessandro Garrone al Ducale, in margine a un evento FEG, 14 dicembre 2021). La prima frase pronunciata in prima persona singolare, la seconda proferita in prima persona plurale. Più chiaro di così.

Ma la "storia chiusa" torna a bussare alle porte della famiglia che ha messo la Sampdoria in mani che non avrebbero potuto che portarla dove si trova adesso. I Garrone avevano il pieno diritto di uscire dal calcio, un mondo che non sentivano loro. Ma la soluzione non era certo quella di regalare dalla sera alla mattina la società ad un personaggio improponibile come Ferrero, con il quale noi di Primocanale non abbiamo mai voluto aver nulla a che fare.

Un regalo che “costrinse” Edoardo a mantenere rapporti col successore, anche per via di alcune fideiussioni in corso per le quali nessun banchiere avrebbe accettato la sostituzione delle garanzie di un nome come quello dei Garrone con il nulla di Ferrero. Uno strascico inevitabile, dopo aver attuato una transizione societaria assurda, inimmaginabile per un bene di proprietà di una struttura internazionale come la San Quirico e di una famiglia come i Garrone.

Alessandro Garrone, molto abile negli affari come dimostra la fruttuosa cessione alla Lukoil della raffineria siciliana, era da sempre insofferente (in modo del tutto legittimo) verso i passivi di gestione della Sampdoria. Ma oggi anche lui deve riflettere sul fatto che quella operazione, che vide la Sampdoria passare dalla San Quirico a Ferrero, operazione su cui aveva messo la faccia il fratello Edoardo, come Presidente uscente oltre che come primogenito della terza generazione, fu totalmente sbagliata, tanto che nove anni dopo la loro famiglia è di nuovo al punto zero e non può sentirsi, almeno moralmente e verso la piazza, estranea e irresponsabile rispetto alla eventuale liquidazione della storica Sampdoria.

E moralmente i Garrone devono affrontare il problema, e deve farlo la famiglia intera, perché la San Quirico è di loro proprietà e il loro amministratore Luca Bettonte gestisce benissimo l’enorme business delle rinnovabili, fonte di enormi profitti, ma forse non comprende come sia profonda la ferita inferta alla Sampdoria e come la famiglia sia coinvolta in questa vicenda a titolo di piena responsabilità storica e morale, con le conseguenze reputazionali del caso. Duccio avrebbe certamente affrontato e risolto il problema come ventun anni fa, invece gli eredi oggi si attestano su una posizione di principio incomprensibile e ingiustificabile.

A conti fatti, c’è poco da girarci intorno: loro hanno messo la Sampdoria nelle mani di Ferrero, loro devono trovare la soluzione a un problema enorme da loro stessi creato. Le questioni di principio, tardive e distruttive, sarebbe stato meglio porsele a suo tempo, con qualche accertamento - neppure troppo laborioso, bastavano google e wikipedia - sul profilo e sul passato del personaggio a cui stavano regalando un patrimonio del calcio italiano e della storia sociale di Genova e d'Italia, un bene molto amato da una moltitudine.

Se vogliono passare alla storia come quelli che, affidandola a mani facili da capire inadeguate, hanno avviato il percorso di scomparsa della Sampdoria, vadano avanti sulla strada finora battuta. Se vorranno invece rimediare, e i mezzi a loro non mancano, lasceranno di se stessi nel tempo un ricordo migliore. E quanto sia importante essere ricordati con affetto è lezione, sia pure amara, di questi giorni, in cui il mondo blucerchiato non vuole smettere di commuoversi per Vialli, un vecchio ragazzo che sarebbe stato degno di fare il presidente della Sampdoria; e che oggi per alcuni è nostalgia, per altri rimorso.