Cultura e spettacolo

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di Dario Vassallo

CANNES - Nel 2021, proprio qui a Cannes, il regista norvegese Joachim Trier portò un ottimo film, ‘La persona peggiore del mondo’, incentrato su una trentenne che non riusciva a dare ordine alla propria vita. Quattro anni dopo con ‘Sentimental value’ (Valore sentimentale), ancora in concorso e con la stessa attrice (Renate Reinsve che allora vinse il premio per la migliore interpretazione femminile), sposta il suo sguardo dall'amore romantico a quello familiare, tra armonia risentimento e rabbia, toccando anche il tema dell’espressione artistica come mezzo di guarigione e di catarsi. E’ una storia complessa, dolorosa e ricca di sfumature, di due sorelle, un padre separato e una casa intrisa di ricordi.

La trama 

Nora e Agnes non potrebbero essere più diverse: la prima, attrice di successo, è effervescente, volubile, spericolata, cronicamente single; la seconda è un’insegnante di storia tranquilla, introspettiva e coi piedi per terra, un marito e un figlio piccolo. Entrambe hanno un rapporto difficile con il padre Gustav, un regista che le ha abbandonate quando erano bambine e che torna in occasione della morte della loro madre, la sua ex-moglie. Ha scritto una sceneggiatura per un nuovo progetto, il più personale di qualsiasi cosa mai tentata prima e vorrebbe che Nora lo interpretasse girandolo nella casa di famiglia. Lei rifiuta e lui offre la parte ad una famosa attrice americana che però si accorge ben presto di essere inadatta ad un ruolo che evidentemente è stato scritto pensando ad una persona in particolare. Molti credono si tratti della madre di Gustav che fece parte della resistenza norvegese durante la Seconda Guerra Mondiale, detenuta e torturata dai nazisti per due anni, morta suicida impiccandosi in quella stessa casa molti anni prima, ma potrebbe non essere così.

Due uomini e tre donne in abito da seraIl cast di 'Sentimental value'

Esplora i rapporti familiari e il potere dell'arte 

In ‘Sentimental value’ si percepiscono tracce di Bergman, di Čechov e di Ibsen (non a caso la protagonista principale ha lo stesso nome dell’eroina di ‘Casa di bambola’), catapultati in un mondo contemporaneo che approfondisce la nostra comprensione della storia e della memoria in relazione ai personaggi. Con grazia ed empatia, esplora il potere volatile dell'arte e il costo di realizzare opere altamente personali, sia per gli artisti che per le persone che hanno ferito, aspetto amplificato da un luogo che sembra un cottage da favola, immerso nel verde rilassante di un giardino, ma che è anche una fortezza di dolore incastonato tra le sue mura. Esaminando con malinconia come le ferite psichiche si trasmettano di generazione in generazione, è un film come la vita, allo stesso tempo triste e divertente, riflessivo e singolare, carico di malinconia ma anche rallegrato da sorprendenti note di umorismo, strano e imperfetto, dove la profondità del sentimento si insinua senza annunciarsi.

Si ferma un attimo prima di scivolare nel sentimentalismo 

Parla in definitiva di ciò che figli e genitori non si dicono mai e se quei silenzi che durano una vita possano mai essere spezzati. In mani meno capaci avrebbe potuto essere un classico melodramma familiare, e invece ‘Sentimental Value’ è insolitamente ricco di gratificazioni emotive e contemplativo nelle sue riflessioni sui luoghi in cui viviamo che diventano un deposito permanente dei nostri ricordi, rimanendovi anche dopo che ce ne siamo andati man mano che la presenza delle generazioni passate diventa più tangibile. Alla fine non c'è una riconciliazione netta e ordinata ma Trier lascia aperta una finestra quel tanto che basta per far entrare un barlume di speranza fermandosi però lodevolmente un attimo prima di scivolare nel sentimentalismo. Perché il vero "valore sentimentale" delle nostre vite non risiede in ciò che realizziamo o riceviamo, ma in ciò che siamo per le persone a noi più vicine e in come, anche in nostra assenza, trasmettiamo loro parti di noi stessi. Il film di Trier è la mia personale Palma d’oro.

 

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