
Sono nove i giovani, quasi tutti minorenni, condotti questa mattina in questura a Genova per il raid compiuto nella notte tra il 25 e il 26 ottobre al liceo Leonardo Da Vinci, che in quei giorni era occupato dagli studenti in segno di protesta contro la riforma scolastica e per chiedere maggiori spazi di agibilità politica.
L’operazione della digos
L’operazione, coordinata dalla Digos del capoluogo ligure, ha preso il via all’alba con una serie di perquisizioni domiciliari eseguite in diversi quartieri della città. Gli investigatori hanno bussato alle porte dei sospettati armati di mandato: l’obiettivo era trovare riscontri oggettivi alle immagini già in loro possesso.
Incastrati dai vestiti
E i riscontri sono arrivati puntuali. Nei filmati girati dalle telecamere di video sorveglianza e dalle immagini amatoriali degli stessi occupanti – sequenze amatoriali ma nitide, diffuse poi sui social e acquisite agli atti – si vedono chiaramente i ragazzi entrare nell’istituto con il volto parzialmente coperto da sciarpe e cappucci. Ma a tradirli sono stati i dettagli: una felpa rossa, un paio di scarpe da ginnastica, una giacca a vento nera con strisce tra i tanti. Abiti che, una volta sequestrati nelle abitazioni, hanno combaciato perfettamente con quelli immortalati nei video.
I reati contestati sono pesanti: danneggiamento aggravato per i vetri infranti, i banchi rovesciati e le scritte sui muri; violenza privata per aver intimorito gli occupanti con minacce e spintoni; invasione di terreni ed edifici per l’irruzione non autorizzata.
Manca, invece, l’aggravante di matrice fascista, nonostante durante l’azione alcuni dei giovani abbiano urlato «Viva il duce» e tracciato una svastica con lo spray nero su una parete del corridoio. Frasi e simboli isolati non sufficienti per gli inquirenti a configurare un disegno ideologico strutturato.
Intanto, per i nove fermati – sette minorenni e due neomaggiorenni – si apre la fase degli interrogatori. I genitori, raggiunti dalle forze dell’ordine all’alba, hanno reagito con stupore e preoccupazione. Qualcuno ha già contattato gli avvocati.
Resta da capire il movente. Gli inquirenti propendono per un’azione dimostrativa, forse legata a contrasti personali con alcuni degli occupanti, più che a un piano politico organizzato. Ma le indagini continuano: sotto la lente ora ci sono i cellulari sequestrati, che potrebbero rivelare chat, gruppi e coordinamenti.
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