Cronaca

Zarri è andata nel carcere di Sanremo dove quasi due settimane fa il figlio è stato picchiato selvaggiamente da due compagni di cella. Alberto è stato operato una seconda volta proprio oggi: le sue condizioni sono stabili e la prognosi è riservata
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GENOVA - Il pestaggio di Alberto Scagni, l'uomo che è stato condannato a 24 anni e 6 mesi per l'omicidio della sorella Alice, "è durato tre ore" in una cella "che sembra quella di una sommossa in 15 metri quadrati". A dirlo è Antonella Zarri, madre dei due fratelli, in un post pubblicato su Facebook e condiviso dalla senatrice Ilaria Cucchi sulla pagina creata dopo l'assassinio della figlia.

Zarri è andata nel carcere di Sanremo dove quasi due settimane fa il figlio è stato picchiato selvaggiamente da due compagni di cella. Alberto è stato operato una seconda volta proprio oggi: le sue condizioni sono stabili e la prognosi è riservata.

"La cella è quella in cui è stato massacrato di botte Alberto, mio figlio - scrive la donna - davanti alla cella 6, c'è la cella 9. Ci sono tre persone detenute, appena rivolgo lo sguardo, si avvicinano: 'Ci dispiace per quello che è successo, abbiamo chiamato noi, abbiamo cercato di fermarli'. Chiedo quanto tempo è durato, mi rispondono 'tre ore'".

"I ragazzi nelle celle vorrebbero parlare, ma vengono rapidamente istruiti a non esporsi - si legge nel post -. Allora parlano gli occhi, tradiscono disperazione, senso di impotenza, sono gli occhi del carcere. La cella è un macello. In un angolo, è rimasta una scarpa di Alberto. Le macchie di sangue sono ovunque. Tavoli e brande, scaravoltati. È la scena di una sommossa, in 15 metri quadrati".

Una volta arrivata dalla direttrice del carcere quest'ultima "resta muta, insipida e melliflua, non una parola di rammarico", continua la madre di Alberto Scagni.

Intanto, oggi, 17 detenuti sono stati trasferiti verso altri penitenziari. Una decisione presa dopo l'aggressione a Scagni, che era stato trasferito nel carcere di Valle Armea dopo che era già stato picchiato nel carcere di Marassi. "Occorre precisare che il sovraffollamento non frena e, anzi, si mantiene in costante aumento alla media di più 300 detenuti al mese la crescita della popolazione detenuta nelle carceri del paese e con 60.116 presenze al 30 novembre scorso si raggiunge un indice di sovrappopolamento del +117%" spiegano però i sindacati della polizia penitenziaria (LEGGI QUI).