Cronaca

Dopo la cerimonia familiari e amici hanno gridato "giustizia" davanti alla bara, "è stato ucciso come un animale".
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GENOVA - Il commovente funerale in spagnolo ha accomunato l'intera comunità latinoamericana di Genova che si è stretta nella chiesa di Santa Caterina, a Portoria, e quando la bara è stata trasferita sul sagrato della chiesa si è levato un solo grido di dolore, un urlo: "Vogliamo giustizia, Javier è stato ucciso come un animale e non meritava di morire così, nessuno merita di morire così".

E' questo il messaggio gonfio di dolore della moglie Patricia, la figlia di 18 anni e la sorella maggiore di Javier Miranda Romero, l'edile peruviano ucciso nel centro storico con una freccia scoccata da Evaristo Scalco, 63 anni, un varesino in trasferta a Genova per lavoro diventato assassino perché infastidito dal rumore sotto casa.

I tre familiari di Javier oggi sono stati abbracciati dal calore di tutta la comunità e dell'intera città, presente anche il Comune di Genova come l'assessore ai Servizi Civici Marta Brusoni, che ha curato la pratica dei funerali offerti da palazzo Tursi.
La chiesa adiacente al tribunale ha faticato ad accogliere tutti. Il funerale celebrato in spagnolo da padre Angelo Costa, peruviano di origini italiane, ha commosso tutti: in prima fila la la sorella maggiore della vittima arrivata dal Belgio, la prima figlia diciottenne, la vedova, Patricia, senza più lacrime da versare, con accanto il passeggino di Augusto, il figlio di Javier, nato il giorno prima della tragedia.

Per questo l'impresario quella sera aveva lasciato la sua casa di via Robino, a Marassi, e si era recato in un locale del centro storico.
Voleva festeggiare la nascita del suo secondo figlio, dopo la ragazza ora di 18 nata dal primo matrimonio, anche lei ora annichilita dal dolore, che non vorrebbe mai staccarsi da quella bara con sopra la maglietta della squadra del Alianza Lima, per cui tifava Javier.
Una festa finita in tragedia per mano Scalco, un artigiano che per una banale lite, forse dopo avergli gridato una frase razzista, dalla finestra di casa ha imbracciato l'arco con cui andava a cacciare i cinghiali in Lombardia, e ha scoccato una freccia. Quasi impossibile non colpire quell'uomo distante soli pochi metri: il dardo da caccia con la micidiale punta a ritenzione non lascia scampo, ha trafitto all'addome Javier che è morto per una devastante ferita al fegato.
"L'arciere" di Varese è stato arrestato dai carabinieri e accusato di omicidio volontario con e le aggravanti dei futili motivi e di razzismo. Dal carcere di Marassi ha detto che voleva solo spaventare la vittima e chiesto perdono alla sua famiglia. Oggi la risposta della moglie e della figlia e dell'intera comunità latinos è stata un grido. "Javier vive e vivrà sempre dentro di noi, ora vogliamo solo una cosa: giustizia".

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