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L'Italia è un Paese bipolare, in senso politico e non psichiatrico, e alle elezioni locali le liste civiche e le personalità che si candidano sono sempre centrali: è questo il riassunto in poche righe delle consultazione di sabato e domenica.

Alle europee, come sempre, hanno vinto tutti anche se ovviamente non è vero. Gli sconfitti indiscussi di questa partita sono i partiti di centro, quelli che non molto tempo fa avevano provato a dare vita all'effimero Terzo Polo: Renzi e Calenda non sono stati in grado di convincere gli elettori e i loro candidati, seppure alcuni di essi abbiano messo in campo performance di tutto rispetto, devono rinunciare all'Europarlamento. Lella Paita, per esempio, volata ben oltre le 14mila preferenze e Cristina Lodi, a 5.500, si sono battute come vere leonesse. Ma è stato tutto inutile.

Una batosta l'ha presa anche il Movimento 5 Stelle, a livello nazionale fermo al 9,99%: è un arretramento significativo che il presidente Giuseppe Conte non ha voluto minimizzare. E se è vero che in Liguria le cose sono andate un po' meglio (10,19% su base regionale, 11,20% nella città metropolitana di Genova, 12% nel Comune capoluogo), questo risultato non basta a strappare veri sorrisi e obbliga a riflessioni.

Anche perché gli altri partiti del cosiddetto campo largo (reale o potenziale) hanno invece performato benissimo: il Partito Democratico si conferma secondo con poco meno di 5 punti di ritardo rispetto a Fratelli d'Italia (e in Liguria va molto meglio), mentre l'Alleanza Verdi e Sinistra supera lo sbarramento e si piazza al 6,73% su base nazionale che diventa 7,68% in Liguria. Se questi risultati dovessero diventare la base su cui ragionare per costruire un'alleanza per le prossime elezioni regionali (e, come vedremo, non possono esserlo) i rapporti di forza interni alla coalizione dovrebbero necessariamente cambiare.

Nel centrodestra tutto va come preventivato sebbene la stessa Giorgia Meloni rivendichi, ed è giusto farlo, che il risultato di Fratelli d'Italia non fosse scontato: dopo quasi due anni di governo un po' di logoramento era certamente possibile e dalle urne non è emerso. Il suo partito sfiora il 29% su base nazionale, arriva quasi al 31% nel nord ovest e persino in Liguria, che pure in tre province su quattro ha solide convinzioni socialdemocratiche, si conferma primo partito (anche se di un'incollatura).

Nella stessa coalizione la vera sfida è stata quella tra Forza Italia e Lega e, come abbiamo visto, l'ha spuntata (di poco) il partito di Tajani: non cambia moltissimo, a dirla tutta, la differenza è minima (lo 0,61% su base nazionale) ma il segnale c'è.

Il vero problema è che questo diluvio di numeri non serve quasi a niente se vogliamo trasportare l'analisi dall'Europa alla Liguria. Il risultato di Verdi e Sinistra, per esempio è molto influenzato dal 'fenomeno Salis', la donna finita agli arresti in Ungheria e candidata capolista in tutta Italia: solo nel nostro collegio ha portato la bellezza di 126mila voti al partito di Bonelli e Fratoianni che, quando torneranno a chiedere il voto a livello locale, dovranno toccare corde differenti, più pratiche e meno simboliche.

Lo stesso vale per la Lega che si è giocata la carta del generalissimo Vannacci per rimpolpare un bottino che si temeva potesse essere magro: nel nostro collegio ha portato al suo partito oltre 186mila preferenze, meglio di lui nel nord ovest hanno fatto solo Giorgia Meloni, Cecilia Strada e Giorgio Gori (che correvano, però, per partiti infinitamente più grandi). Quando la Lega dovrà confrontarsi sui temi liguri non avrà un Vannacci da schierare.

E sempre in vista delle Regionali (con voto naturale o anticipato si vedrà) c'è da tenere in conto il ruolo delle liste civiche che sulle amministrative hanno mostrato di godere di ottima salute. Si è visto a Sanremo, con Mager che ha trascinato Rolando al ballottaggio, a Rapallo, dove Capurro si giocherà le sue carte contro il centrodestra di Governo rappresentato da Elisabetta Ricci, ma anche in quei piccoli comuni, come Follo e Riccò del Golfo, nello spezzino, dove i sindaci fieramente totiani (e non è un momento facile per dimostrare di esserlo) hanno ottenuto solide riconferme. Se si chiedesse loro quanto abbia inciso l'inchiesta giudiziaria che ha coinvolto i vertici di Regione in questa tornata elettorale potrebbero rispondere “per niente”.

Ed è con queste stesse premesse che è difficile valutare quanto possano contare i risultati delle europee nel comune di Genova: è vero che qui il campo largo sarebbe in nettissimo vantaggio rispetto al centrodestra (52,65% contro 34,43%) ma questa somma non tiene in conto l'8,54% dei centristi (che alle ultime elezioni hanno appoggiato Bucci e che non è chiaro quali scelte faranno la prossima volta), né l'apporto delle liste civiche dei candidati Sindaco (quelle di Bucci e Toti da sole avevano raccolto nel 2022 il 28,39%).

Insomma, che ogni partito politico dichiari di avere vinto le elezioni è una prassi consolidata: lo è altrettanto il lavoro di costruzione di una proposta politica vincente e la scelta di un candidato forte e condiviso. E' questa, al di là dell'aritmetica,  la vera sfida per tutti gli schieramenti in campo.