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GENOVA - La discussione sui posteggi che mancano e sulle inevitabili code in occasione del Salone non è sterile. Come sostiene, nel trionfo della inaugurazione numero 63 del “mitico” Nautico, il sindaco Marco Bucci. Non è sterile perché è sempre avvenuta ed è come l’incazzoso accompagnamento del fatidico giorno di inaugurazione con la pioggia immancabile e gli automobilisti in fila.

Questa volta la chiusura di corso Marconi ha accentuato pesantemente il disagio, trasformandolo, con il caos totale sulle autostrade per due micidiali incidenti sulla A10, in un incubo.

Si capisce che corso Marconi è stata chiusa perché non si poteva più usare Corso Italia, dove furoreggia la pista ciclabile e che la crisi è accentuata dagli spazi ridotti in piazzale Kennedy, dove si costruiscono i mirabolanti parcheggi del futuro, speriamo prossimo.

Ma tutto questo era largamente prevedibile, insieme al successo crescente del Salone, che fa risplendere la nautica e tutto il suo settore in grande espansione.

Il problema è che a Genova non ci sono posteggi e non ci saranno se non in fortunate eccezioni, come lo scavo di piazzale Kennedy. Non ci sono mai stati e nessuno o quasi ci ha mai pensato bene. Prima perché c’era da fare altro e poi perché si è incominciato ad attendere quello che Renzo Piano predica da decenni invano: una città con il traffico che si riduce piano piano, un città sostenibile senza auto.

A Genova è successo il contrario: il traffico aumenta, malgrado la riduzione della popolazione e si complica per il boom dei cantieri che vogliono dire progresso, ma anche - consentitimi la parola impropria - un grande casino stradale.

Oramai le strade genovesi sono un inferno. Si è tornati ai tempi degli anni Sessanta, boom automobilistico e popolazione sopra gli ottocentomila abitanti. Sopraelevata in costruzione, tanto per ricordare come era prima e ….aspettando il 2029 del tunnel subportuale.

Con la complicazione che sono aumentate esponenzialmente le due ruote, prima solo diletto dei ragazzi e degli appassionati, dal Ciao, al Galletto, alla Gilera, alla Vespa eterna e via andare, ed oggi veicolo fondamentale per spostarsi e trovare spazi di posteggio che non ci sono.

Prendetevi una vista di cosa è il centro della città tra Piazza Dante, Piccapietra e dintorni: una distesa di moto e due ruote di ogni foggia accatastate ovunque e circondate dai disperati che cercano un buco per infilarsi.

I quartieri collinari sono immensi posteggi di auto con automobilisti costretti nel rientro serale a piazzare il loro mezzo a chilometri dalla loro casa. Certe strade sono impercorribili dalle ambulanze e diversi allarmi con rischio addirittura di vita per chi deve essere soccorso sono già scattati.

Dove le mettiamo le automobili per chi abita in città e per chi ci viene sopratutto oggi che la calamita turistica è sempre più forte?

L’elenco delle grandi opere è una giaculatoria di buone intenzioni, di speranze, di investimenti, di scommesse e come abbiamo già detto di cantieri, importanti, ma invasivi.

Certo: viviamo in una città stretta e lunga con un chilometraggio pari alla ben più grande Milano, che è tutta in pianura. Abbiamo un cuore nobile che è il centro storico, già pieno di problemi e dove non si può certo posteggiare e dove chi ci vive cerca soluzione acrobatiche per farlo. Vorremmo pedonalizzare le vie centrali come in ogni città civile, ma non si fa perché dove si posteggia?

Nessuno progetta grandi silos, (a parte ovviamente quello di Piazzale Kennedy), come è stato fatto sporadicamente negli anni Sessanta da quel genio di Gustavo Gamalero, che fece costruire ante litteram il posteggio interrato di Piccapietra e negli anni Novanta in Piazza della Vittoria, dove l’operazione costò pure processi e condanne.

Aspettiamo che il traffico diradi oppure che il carburante rincari a tal punto che torneremo tutti a piedi o in bicicletta, ipotesi che nella città più vecchia d’Europa è difficile. Sono soluzioni ancora improbabili.

Intanto becchiamoci le code, anche e sopratutto per il Nautico, le doppie e le terze file e le strade intasate. Amen.