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Dunque Bucci ha stravinto, ha battuto l’avversario Dello Strologo nonostante fosse il candidato della coalizione con il primo partito della città, il Pd. La sua lista cosiddetta “civica” è la seconda in città. Un’altra lista di giovani fedelissimi ha superato il 4 per cento per cui le due liste “ad personam” raggiungono il 23 per cento. A parte la paurosa disaffezione al voto che, peraltro non tocca solo Bucci ma anche Dello Strologo, i grillini, i Fratelli, i leghisti, e via dicendo, la vittoria è schiacciante e anche se i perdenti trovano giustificazioni al loro default, dovranno ricominciare a rileggersi all’interno, studiando sconfitte che ormai sono abbondanti e ripetitive. E anche cercando nuovi nomi e cognomi.

Detto questo davanti al sindaco rieletto si pone ora una questione che non dovrà sottovalutare. La scelta degli assessori, cioè dei suoi collaboratori che dovranno aiutarlo nella realizzazione degli ambiziosi programmi per i prossimi cinque anni: fare arrivare a Genova viaggiatori e lavoratori in tempi ragionevoli, fare muovere bene in città gli abitanti, rammendare come diceva così saggiamente Renzo Piano le periferie, costruire dighe, ponti, argini. Rinfrescare col verde le strade pietrose, dare spazi ai giovani, intendendo non solo movide, ma anche occasioni di lavoro, smussare le spaventose diseguaglianze che la super-crisi in arrivo allargherà.

Dunque il sindaco Marco Bucci deve mettere in attività una squadra. Ma una squadra super, di eccellenza. Magari come aveva fatto venticinque anni fa il grande e rimpianto Beppe Pericu. Assessori provenienti sì dalla politica, ma scelti ai massimi livelli decisionali, come era per esempio Claudio Montaldo numero uno dell’ex Pci poi trasformato in Ds, o Bruno Gabrielli, Luca Borzani eccetera. Oppure tecnici o almeno professionisti di vasta competenza: economisti, giuristi, ingegneri e architetti, medici. Bucci avrà fatto quello che a promesso solo se la sua squadra sarà all’altezza. Ma non basta. Per fare questo dovrà essere in grado di far valere la sua tanto sottolineata “apartiticità”, “indipendenza dalla politichetta”, “autonomia di scelta”. Il vicesindaco non si potrà solo “mercanteggiare” con i suoi alleati. Si parla di Pietro Piciocchi? Appunto. Lo nomini subito. E poi gli altri li discuta pure con leghisti, fratelli, sorelle e cugini. Ma che questi alleati siano in grado di mettere sul piatto nomi capaci. Con alle spalle esperienza. L’alleanza va benissimo, ci mancherebbe. Ma i nomi e le capacità sono sopra ogni tessera dovendo affrontare un quinquennio pauroso.

Se Bucci farà così giuro che non lo tormenterò più con la mia fissazione di “scelta politica” di “appartenenza a una idea” eccetera. Roba da settantenne. Pignolerie che rendono il sindaco assai “abrasivo”. Credo che ai genovesi normali non importi un fico secco se , che so, l’assessore all’Urbanistica sia della Lega o di Forza Italia o delle liste civiche bucciane. Ma che sia uno che sa di Urbanistica. Idem per la Cultura, o la Cultura e il Turismo. Ci vogliono nomi di spicco con un passato professionale che giustifica la scelta. Idem per i Trasporti, i Lavori pubblici, il Bilancio.

Se invece saranno solo scelte di tessera o di appartenenza politica (sto chiaramente parlando di una parte della squadra non tutta!) potrò ancora rompere le balle al sindaco con le mie fissazioni: “Con chi sta politicamente? Come si schiera? Che idea politica mi rappresenta?”. E con la domanda della domande: “Sindaco Bucci alle politiche che indicazioni di voto darà ai suoi elettori?”