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GENOVA - "Questa postazione sarà dismessa dal..." in questi giorni il catello viene attaccato dai tecnici della Tim sulle cabine telefoniche di Genova. A inizio giugno l'Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) ha dato il via libera per lo smantellamento delle postazioni pubbliche (Leggi qui).

A Genova sono circa 450 le postazioni. La maggior parte verranno dismesse, ma qualcuna resterà in servizio e a ricordare un tempo passato ormai cancellato dai telefoni cellulari prima e dagli smartphone poi. Si tratta dei telefoni collocati in alcune aree strategiche come gli ospedali, carcere e caserme. Anche alle stazioni ferroviarie qualche postazione potrebbe restare al suo posto. Un servizio in caso di emergenza e necessità. A essere eliminate sono quelle definite come "impianti stradali", quelle tradizionali che a Genova sono oltre 333.

Alla stazione Brignole nel muro all'ingresso sono già state eliminate, resta la sagoma di quello strumento che un tempo era il modo principale per comunicare quando si era fuori casa, il segno del tempo passato. Ma nel retro della stazione una postazione è rimasta lì al suo posto. Nelle altre città la dismissione è già iniziata da qualche settimana. Nel centro di Genova i cartelli che annunciano l'addio sono iniziati ad apparire solo nelle ultime ore.

E così le cabine bianco e rosso nel spariranno. Nei momenti di pioggia improvvisa hanno funzionato anche da luoghi per ripararsi dalle intemperie, sempre più spesso però sono diventate luogo di abbandono e sporcizia. Trovare però qualcuno che le usa è ormai rarissimo ma non impossibile. Tra gli anni Ottanta e Novanta la corsa alla collezione delle schede telefoniche. Oggi per chiamare, quando funzionano, basta inserire le monete.

Secondo un'indagine di mercato condotta da SWG Spa solo lo 0,5 della popolazione ha utilizzato il servizio di telefonia pubblica nei 90 giorni precedenti l'intervista; addirittura il 12% non ha mai usato il servizio. Ma non solo, l'80% degli intervistati non avverte l'esigenza di usarle e per più del 70% oggi non sono indispensabili. La loro fine dunque è segnata. 

 

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