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L'ideatore Milfa: "Vorrei aumentare i pasti offerti e ospitare 40 commensali". Ai tavoli disoccupati, pensionati, ma anche migranti e persone sole che avevano bisogno solo di nuovi amici
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GENOVA -Marco che non ha più l'età per lavorare, Benito, pensionato delle riparazioni navali rimasto solo dopo la morte della compagna, Walter invalido dopo dopo mesi di coma per il covid, Laura la cui vita è stata stravolta da un intervento chirurgico e ora malata di solitudine. E poi c'è la coppia di migranti arrivati dall'India che fatica a mantenere i figli.

Sono solo alcune delle ventitré persone, alcune delle ventitré storie che hanno cambiato percorso e trovato nuovi speranze grazie alla Cucina Popolare di via del Fossato, una traversa di via Bobbio, a Staglieno, una trattoria per indigenti e persone sole aperta da settembre il martedì e giovedì dalle 12 alle 13.30 al posto dello storico circolo Matteotti grazie da Aldo Milfa, un imprenditore nel settore della ristorazione, che ammette che per realizzare il progetto importante è stato l'aiuto del mio amico Marco Furnò, presidente dell'associazione, i compagni del Calcio Dilettantistico e la Banca Passadore.

Fra i fautori anche il Municipio Media Valbisagno che ha subito accolto e favorito l'idea della mensa popolare.


Un progetto di solidarietà che si è rivelato subito un successo e dopo pochi mesi guarda già al futuro, per crescere: Milfa pensa ad allungare la lista degli ospiti fissi, "lo spazio c'è, l'ipotesi è di raddoppiare il numero dei commensali, per superare i 40 ospiti". Per questo lancia l'appello alle altre associazioni della Valbisagno e non solo a indicare altri potenziali commensali: "Noi non abbiamo possibilità di selezionare le persone che hanno realmente bisogno di un aiuto" spiega l'imprenditore.

Il menù della mensa sociale è semplice e cambia ogni giorno: oggi c'è pasta aglio, olio e peperoncino, cotoletta di pollo, patatine fritte e macedonia. Piatti preparati da un gruppo di volontari, quasi tutte donne, perlopiù pensionate e casalinghe della zona, che ammettono che aiutare gli altri è utile anche per aiutare se stessi.

Le storie non mancano, dicevamo, Marco, occhiali e lunga barba bianca, disoccupato da dieci anni, reddito di cittadinanza, "spero che non lo tolgano, lavorare? Ormai sono all'età di pensione".

Benito, invece, ammette che è lì per non stare da solo in casa, "vengo per avere un po' di compagnia, mangio a mezzogiorno e poi vado a casa, lavoravo alle lavorazioni navali, quasi vent'anni alla meccanica, sono pensionato, sono scapolo, la mia compagna è morta anni fa".

Un signore con un maglioncino invece dice che ha un reddito perchè affitta la casa ereditata,"faccio pulizie in una classe e ho un altro lavoro in nero, questa mensa è un risparmio importante per me".

Walter invece racconta di avere "280 euro di una piccola pensione sociale per un'invalidità civile causata dal covid che mi ha fatto stare in coma quindici giorni, ma è il reddito di cittadinanza che mi permette di vivere serenamente, sono 500 euro, io mi accontento anche se vorremmo tutti una vita più agiata, senza il reddito? di fame non muoio, io vado a rubare, se poi mi beccano e mi mettono dentro ho da dormire e da mangiare, se ci mettono in mezzo alla strada io farò di tutto per continuare a vivere con il minimo indispensabile, un posto dove dormire, questo posto è un'idea molto bella creata da un amico di vecchia data".

Laura, una delle poche donne, invece ha alle spalle un brutto periodo dopo un'intervento chirurgico: "Ho perso il lavoro, la mensa sociale è importante, qui si mangia da Dio e ho trovato nuovi amici con cui passo bellissime giornate, ho il reddito di cittadinanza di 290 euro, non sono niente però sommato alla pensione di invalidità mi fa campare, lo so che vogliono levare, il reddito, ma hanno detto che mettono un altro aiuto".

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