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L’artista realizza il Terzo Paradiso al Convento dei Frati di Monterosso. “Oggi natura e artificio sono in contrasto e l’arte deve assumersi la responsabilità di metterli in collegamento”
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CINQUE TERRE - “Una linea, incrociandosi due volte, crea tre cerchi consecutivi. I due esterni - il mondo della natura e quello creato dall’uomo - rappresentano le opposte polarità cioè tutti gli elementi tra loro diversi, contrari, antitetici e avversi. Nel cerchio centrale avviene la loro congiunzione, unione, fecondazione, fusione e si creano così la pace, l’equilibrio, l’armonia, la bellezza e l’amore. Entriamo in un nuovo mondo, il terzo stadio dell’umanità. È il Terzo Paradiso”.

Michelangelo Pistoletto ha portato alle Cinque Terre il Terzo Paradiso. L’opera ha trovato una sua naturale collocazione nell’orto del convento dei Frati Cappuccini di Monterosso, chiamato da sempre l’orto del paradiso”. In un angolo di questo eden, sotto due alberi di mandorlo e nell’area del “giardino dei semplici”, l’artista ha scelto di realizzare un’istallazione permanente di una delle sue opere più famose e conosciute utilizzando degli originali vasi di terracotta creati dallo stesso artista che vanno a formare i tre cerchi, con piante aromatiche prese dal giardino dei semplici e ghiaia di colore bianco e nero che esaltano i due opposti antitetici. Nelle due stremità dei vasi pietre bianche e nere e al centro del timo, pianta aromatica simbolica della forza e del soffio vitale.

Il Terzo Paradiso nasce dalla fusione fra il primo e il secondo paradiso -. Ha spiegato il Maestro Pistoletto -. Il primo è quello in cui gli esseri umani erano totalmente integrati nella natura. Il secondo è il paradiso artificiale, sviluppato dall’intelligenza umana, fino alle dimensioni globali raggiunte oggi con la scienza e la tecnologia. Questo paradiso è fatto di bisogni, di prodotti, di comodità, di piaceri artificiali. Il Terzo Paradiso è la terza fase dell’umanità, che si realizza nella connessione equilibrata tra l’artificio e la natura. Oggi natura e artificio sono in contrasto e l’arte deve assumersi la responsabilità di metterli in collegamento. L’artificio deve occuparsi di riportare l’essere umano a rapporto con la natura”.

Pistoletto, uno degli artisti più affermati dall’arte povera a oggi, conferma con quest’opera il suo legame storico con le Cinque Terre iniziato negli anni Sessanta, prima nella Vernazza di Aldo Trionfo e poi nella “sua” Corniglia di cui è certamente il “compaesano” più famoso. Sei anni fa Pistoletto entrò per la prima volta nel convento dei francescani di Monterosso, accompagnato dallo scrittore Marco Ferrari, e da allora è diventato amico di Padre Renato che ne è il custode. “Le persone che vengono oggi al tuo convento – ha detto Pistoletto a Padre Renato nel corso dell’inaugurazione - cercano una identificazione con il mondo e per questo chiedono aiuto. A queste persone tu offri lo spazio e il tempo in questo antico edificio per dare compiutezza alla vocazione che nasce dalle necessità più profonde. Tu Padre Renato sei il convento e noi che veniamo qui siamo i tuoi nuovi monaci, frati, fratelli moderni”.