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 Spiegateglielo voi che piuttosto gli converrebbe essere orfano, ma che con due genitori in Ghana, in Italia non può giocare». È lo sfogo di Salvatore Gemelli, presidente dell'Associazione sportiva Nuova Oregina, che milita nei campionati giovanili liguri. La società genovese, affiliata anche all'Uisp, ha appena incassato il rifiuto della Figc per il tesseramento di un ragazzo ghanese di 14 anni, in Italia da un anno con lo status di rifugiato politico. Il rifiuto dipende, secondo la Federazione, dal rispetto del Regolamento Fifa su "Status e trasferimenti di calciatori da paesi extracomunitari", il quale prevede che il primo tesseramento di un minore straniero possa essere effettuato solo se il ragazzo è arrivato nel Paese di destinazione con i genitori e per motivi indipendenti dal calcio. Una norma nata per contrastare la tratta dei giovani calciatori ma che, di fatto, discrimina tanti bambini per i quali lo sport potrebbe essere uno strumento di inserimento sociale . Proprio come nel caso del minore in questione, affidato dai servizi sociali a Tangram, comunità di Genova: «Quando abbiamo ricevuto il fax non volevamo crederci. Il ragazzo si è integrato nella squadra degli Allievi e ha trovato amicizie che altrimenti non avrebbe avuto».

 
L'Uisp di Genova e la Lega calcio Uisp hanno raccolto questa storia che in breve ha fatto il giro dei circoli sportivi e non dell'associazionismo genovese, provocando sdegno e preoccupazione: «Siamo increduli e sgomenti di fronte a questo episodio - commenta Filippo Fossati, presidente nazionale Uisp - quando ad un giovanissimo minorenne viene negato il diritto di giocare e di sentirsi parte di una squadra, qualcosa non va. C'è una gerarchia delle fonti giuridiche, a partire da quelle internazionali, che andrebbe rispettata sempre: la Dichiarazione dei diritti del fanciullo, approvata dall'Assemblea delle Nazioni Unite nel 1959, poi aggiornata nel 1989, prevede che l'interesse del minore debba prevalere su ogni altro. E' macroscopico il fatto che si sta compiendo un'ingiustizia da parte della Fifa, seppure in nome di un principio formalmente corretto: evitare lo sfruttamento minorile nel calcio. Questa storia, e molte altre simili, è assurda e va affrontata trovando una strada nuova. Proponiamo la costituzione di un tavolo tra Fifa, e quindi Figc, e Unar, Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale, costituito presso il Ministero delle pari opportunità. Va costruito un Protocollo moderno e garantista nei confronti dei minori stranieri che, sempre più spesso, proprio attraverso lo sport e il calcio possono trovare canali di integrazione e socializzazione. E dobbiamo continuare a denunciare episodi come questo di diritti negati ai minori».