Politica

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“Vedi, il sindaco tranviere ha stretto la mano alla regina d’Inghilterra”: così mi sussurrò Fulvio Cerofolini in quel piovoso giorno d’ottobre del 1985, quando congedò da palazzo Tursi Elisabetta e il principe Filippo di Edimburgo che avevano fatto una straordinaria visita a Genova, in quella che  veniva chiamata la città più inglese d’Italia, ricevendo un’ accoglienza incredibile.

La scomparsa di Cerofolini, u’ sciu scindicu, così improvvisa, ci costringe a una riflessione sul ruolo dei sindaci. Lui, socialista lombardiano, fiero avversario di Craxi, sindacalista dei tranvieri, genovese fino al midollo, non ebbe paura di mettersi in testa ai cortei degli operai che venivano licenziati per la spaventosa crisi industriale di Genova, o di salire sul tetto di una seicento per arringare gli scioperanti. La borghesia conservatrice lo criticò molto. Ma Cerofolini non vacillò mai, magari anche attaccato da alcuni craxiani del suo partito, ma sicuro delle sue scelte. Dieci anni da primo cittadino per guidare la trasformazione della città. Dalla deindustrializzazione della Valpolcevera, alle crisi del porto, dagli anni delle Brigate Rosse, alla lotta per la ricostruzione del Carlo Felice fino ai geniali progetti di recupero del centro storico affidati ai maestri dell’architettura.

Fulvio Cerofolini era un vero gentiluomo, burbero ma educatissimo, cortese fino al midollo con i collaboratori che lo seguivano lungo i suoi continui spostamenti. Perché Cerofolini era un sindaco sempre presente.

Dieci anni intensi, poi l’esperienza da parlamentare nelle fila del pds. Poi l’incarico di difensore civico. Tutte le mattine alle 8 lo si poteva incontrare in via Assarotti mentre andava in ufficio sempre accompagnato dalla signora Ardeina a’ Denia come lui la chiamava, sua compagna nella vita ma affettuosa presenza anche nel lavoro.

Lo ricorderemo con grande nostalgia e grande rimpianto questo uomo serio e onesto che insegnò a tanti come si poteva fare politica mantenendo le proprie idee e senza scendere a compromessi.