E’ una bell’impresa culturale la rilettura del Risorgimento italiano, che è già cominciata sui giornali con dibattiti, iniziative e approfondimenti e che, speriamo, arrivi anche nelle scuole, l’ultimo baluardo italico in cui si è parlato e si parla dell’epopea della costruzione dell’unità. Tutte le volte che ci accingiamo a rileggere la nostra storia si accendono polemiche spesso pretestuose. Del Risorgimento ci siamo completamente dimenticati, affidandolo a una banale e ripetitiva giaculatoria dove si combattevano i buoni e i cattivi in questa incancellabile concezione della storia dove ogni epoca ha i suoi derby.
Io il Risorgimento, ahimé, lo ricordo così: Garibaldi eroico e un po’ casinista, Mazzini dalla politica un po’ dorotea, Cavour cinico e amante del bollito misto e delle belle donne e dall’altra parte tanti cattivi, generalmente identificati con gli austriaci e soprattutto con il maresciallo Radetzky, poveretto. Si ripeteva la divisione, come quella tra nordisti e sudisti, scelte motivate spesso dalla bellezza delle divise dei soldatini. Ben venga, insomma, il 150esimo e ben vengano celebrazioni senza eccessi, ma con seri approfondimenti culturali. Soprattutto per capire, se ci riusciremo, come è stato messo insieme il nostro Paese, naturalmente federalista perché mosaico di tradizioni, lingue, radici, senza bisogno di forzare abitudini consolidate o di rinnegare storie e fatti del passato
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