Cronaca

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di Mario Paternostro

Non vedo l’ora che siano resi pubblici i doppi, tripli e quadrupli incarichi e consulenze dei professori universitari (pochissimi per fortuna e buona decenza dell’Ateneo) che dovrebbero svolgere il loro lavoro a tempo pieno con gli studenti che pagano i loro compensi. E’ sicuramente formativo che a insegnare una professione (un mestiere) ai giovani siano anche personaggi non solo dediti allo studio e alla ricerca fine a se stessa, ma anche chi concretamente può raccontare le sue esperienze di lavoro facendo provare sul campo agli studenti il bene e il meno bene di un futuro lavoro. Se a Medicina insegnassero professori che non sono mai entrati in sala operatoria o non hanno mai avuto occasione di palpare un addome e osservare un fondo dell’occhio, noi futuri pazienti di questi futuri medici dovremmo essere fortemente preoccupati. Se a insegnare come ci si comporta in un processo fossero docenti che non sono mai entrati in un’aula giudiziaria, correremmo qualche rischio nell’affidare i nostri diritti alla loro conoscenza. Lo stesso se le caratteristiche di una buona architettura fossero insegnate da chi non ha mai elaborato un progetto vero, cioè che ha visto la luce, le fondamenta e magari anche il tetto. Il guaio è quando nell’ansia di uno potere che non conosce limiti, questi firmano per insegnare otto ore al giorno agli studenti e, accade accade ahimé, non si fanno vedere mai, delegando l’arte di insegnare agli assistenti-schiavi. I nomi? Non li facciamo, ma gli studenti li conoscono molto bene. Saremmo davvero soddisfatti se i presidi, che sono coloro che hanno assunto questi stakanovisti della cattedra, comunicassero le ore di lezione svolte dai tempopienisti con pluriconsulenze, questo per tutelare la stragrande maggioranza di docenti universitari che danno anche il tempo libero per l’insegnamento e vengono invece mescolati all’indecenza di questi loro pochissimi e celebratissimi colleghi. E forse questi assenteisti honoris causa, una volta individuati, potrebbero restituire quanto hanno depredato all’Università italiana. Con i denari restituiti si potrebbero pagare, per esempio, i bibliotecari tagliati per il risparmio con la conseguenza della riduzione di orario d’apertura di alcune biblioteche di facoltà.