cronaca

Ai domiciliari Tadini, il caposervizio della funivia
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E' stato scarcerato Enrico Perocchio, direttore di esercizio della funivia di Mottarone dove una settimana fa è avvenuta la tragedia costata la vita a 14 persone, solo il piccolo Eitan si è salvato grazie all'abbraccio del padre che lo ha protetto. Perocchio è anche direttore della funivia di Montallegro a Rapallo.


Il gip al termine di una giornata di interrogatori ha deciso per la scarcerazione di Perocchio e di Luigi Nerini, gestore dell’impianto della funivia, che hanno lasciato il carcere di Verbania dove si trovavano da martedì scorso. Ai domiciliari Gabriele Tadini, il caposervizio della funivia del Mottarone che ha ammesso di avere bloccato i freni della cabina con il cosiddetto 'forchettone'.

Dopo le interrogazioni il gip Donatella Banci Buonamici ha ritenuto che per Tadini sono sufficienti i domiciliari, mentre nei confronti degli altri due indagati, tirati in ballo dal capo servizio, non sussisterebbe i gravi indizi necessari per una misura cautelare. Escluso dunque per Perocchio e Nerini il rischio di fuga e/o inquinamento delle prove. 

"Sono contento di tornare dalla mia famiglia, ma sono disperato per le quattordici vittime" ha commentato il direttore di esercizio della funivia del Mottarone, Enrico Perocchio, lasciando il carcere di Verbania. "L'errore è stato mettere i forchettoni per ovviare ad un problema che si sarebbe risolto - ha aggiunto -. Se avessi saputo che erano stati messi non avrei avvallato la scelta, in carcere stavo male per le persone mancate e per la mia famiglia".


E' "palese" la "totale irrilevanza" del riferimento, fatto dai pm di Verbania nella richiesta di convalida del fermo e di custodia in carcere, al "clamore mediatico nazionale e internazionale" dell'incidente della funivia del Mottarone per sostenere il "pericolo di fuga" dei 3 fermati. Lo scrive il gip Banci Buonamici nell'ordinanza con cui non ha convalidato i fermi di Gabriele Tadini, caposervizio, Luigi Nerini, gestore, e Enrico Perocchio, direttore di esercizio, e ha mandato ai domiciliari il primo e rimesso in libertà gli altri due. Il giudice spiega che non si può far "ricadere" su un indagato il "clamore mediatico".