salute e medicina

Preoccupazione degli oncologi per i ritardi nelle diagnosi che possono aumentare la mortalità
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Avere una gravidanza dopo un trattamento di tumore della mammella è sicuro sia per la mamma che per il bambino. E’ questo il risultato di uno studio presentato al congresso mondiale sul carcinoma mammario di San Antonio che riunisce annualmente i maggiori esperti della patologia, e per il quale è stata premiata una specializzanda genovese Eva Blondeaux.
La nuova analisi ha valutato i dati provenienti da 39 studi relativi a 114.573 pazienti con cancro al seno, sono stati calcolati la frequenza delle gravidanze, la salute dei feti e dei neonati con le eventuali complicanze durante gestazione e parto oltre alla sopravvivenza delle donne dopo la malattia. 
“Siamo riusciti a dimostrare per la prima volta in modo sicuro e robusto che avere un figlio è sicuro anche per chi ha avuto un tumore al seno - spiega la dottoressa Eva Blondeaux – e sono molto onorata di ricevere un premio così importante anche in questo periodo così difficile a causa del Covid”.
Il carcinoma mammario è la neoplasia più frequente nelle donne: in Italia i casi sono in costante aumento e ogni anno ci sono 53mila nuove diagnosi. Nell’80% la malattia colpisce dopo i 50 anni ma l’incidenza tra i 30 e i 40 anni è in crescita e sono circa 3.500 le donne italiane che hanno una diagnosi di cancro al seno prima dei 40 anni. 





 
“C’è un’attenzione sempre maggiore nei confronti della qualità di vita delle giovani pazienti dopo la malattia – spiega il prof. Matteo Lambertini ricercatore universitario del Policlinico San Martino di Genova – che conferma l’arrivo di un’importante finanziamento di Airc proprio per proseguire il filone di ricerca sull’onco-fertilità iniziato vent’anni fa dalla professoressa Lucia Del Mastro.
“Nel 2000 abbiamo cominciato ad occuparci di preservazione della fertilità e delle problematiche della gravidanza nelle donne giovani con carcinoma mammario – spiega la professoressa Del Mastro direttore della breast unit del Policlinico e a capo della scuola di specialità in oncologia - l'obiettivo di questo filone di ricerca è garantire a queste giovani donne la possibilità di avere una gravidanza al termine del percorso terapeutico proprio qui al San Martino siamo stati pionieri di questi studi. Il modello messo in piedi qui al San Martino e la collaborazione con la ginecologia e la dottoressa Paola Anserini hanno costituito un esempio per questo abbiamo preparato le linee guida per tutti coloro che in Italia si occupano di preservazione della fertilità: questo manuale è stato redatto da noi, io sono coordinatore, il professor Lambertini il segretario e la dottoressa Eva Blondeaux che ha ricevuto il primo è uno degli estensori insieme alla dottoressa Paola Anserini. Queste linee guida sono state inviate all’istituto superiore di sanità e saranno inserite in un portale e tutti i medici oncologi a livello nazionale dovranno fare riferimento a queste ed è per noi un importante riconoscimento”.
Fare ricerca in Italia da sempre è difficile se paragonato ad altri paesi e il Covid ha complicato ancora di più la situazione. “Con il Covid è stato molto difficile continuare a fare ricerca sia per motivi organizzativi ma anche da un punto di vista psicologico – racconta la professoressa Del Mastro - non è facile trovare l’entusiasmo, per fare ricerca ci vuole entusiasmo, ci vuole la capacità di prendersi cura delle nostre pazienti ed è stato possibile perché siamo un gruppo e lavorare in gruppo insieme a giovani ricercatori è fondamentale perchè costituiscono una forza vitale per la ricerca senza la quale non saremo riusciti ad ottenere i risultati che abbiamo ottenuto”.





 
La professoressa Del Mastro non nasconde la preoccupazione per le conseguenze della pandemia nell’oncologia e in particolare sulle nuove diagnosi: “L’effetto collaterale più importante è stata la riduzione delle diagnosi precoci e quindi purtroppo questo si tradurrà in diagnosi di cancro più avanzato e quindi con la riduzione di quella che sarà la possibilità di guarigione di chi si ammalerà di forme più avanzate di cancro come effetto dell'interruzione dei programmi di screening che si è verificato in tutta Italia e in tutto il mondo”.