salute e medicina

L'esperto ha ricevuto attacchi 'no-vax'
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La mascherina è sicuramente fondamentale e nessuno lo ha mai negato, ma la vaccinazione lo è altrettanto, soprattutto nell'ambito scolastico. Un esercizio che dobbiamo fare, da adesso fino a quando il prima possibile arriverà il vaccino, è educare, non imporre, una parte speriamo piccola di italiani che è ancora resistente" al tema delle iniezioni 'scudo'. Questo il monito lanciato da Matteo Bassetti, direttore della Clinica malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova e presidente della Società italiana di terapia antinfettiva (Sita).


L'esperto, che ha ricevuto sulla sua pagina Facebook diversi attacchi 'no-vax' per aver messo in evidenza l'importanza per il prossimo autunno-inverno di vaccinarsi tutti contro l'influenza, sottolinea la necessità di creare cultura sull'immunizzazione: "Non dimentichiamoci che è la stessa scuola per la quale si è dovuta fare una legge che rendesse obbligatori i vaccini perché eravamo arrivati a coperture per il morbillo, malattia molto più difficile di Covid, del 75-76%. E sono le stesse persone che a marzo-aprile erano terrorizzate da Covid e oggi sono già lì a dire 'i nostri figli non li vacciniamo' e 'se arriverà il vaccino anti Covid non ce lo faremo'. Non si rendono conto che la storia della medicina moderna e dell'umanità è cambiata grazie a due invenzioni: gli antibiotici e i vaccini. Senza questo non arriveremmo a vivere oltre 80 anni, come viviamo" avverte Bassetti.


"O sappiamo evitare una radicalizzazione, anche politica, delle posizioni no-vax,
che poi sono posizioni molto vicine ai 'no mask' e a tutta una serie di altre cose, o la politica si schiera fortemente dalla parte dei vaccini, oppure è una partita persa. E questa è un partita che dovremo combattere nei prossimi 3-4 mesi" prosegue Bassetti. "C'è un problema che è quello delle fake news. E' qualcosa di molto pericoloso parlare di Big pharma e conflitti d'interesse", avverte. Bassetti li ha ricevuti in prima persona gli attacchi in ottica no-vax che ricalcano questo tipo di argomentazioni. Per aver detto che è importante vaccinarsi tutti contro l'influenza per il prossimo autunno-inverno, per esempio, gli è stato dato del venduto.


E aggiunge: "Noi abbiamo bisogno di dare una comunicazione univoca, perché gli attacchi che riceviamo li riceviamo proprio come quello contro Big pharma, il mondo dei cattivi contro il mondo dei buoni. C'è radicalizzazione: le Big pharma sono contro il mondo, contro il progresso, contro di noi. E' un atteggiamento, questo, che semina continuativamente il pensiero dei no-vax. E' molto grave e, se la politica non si saprà schierare, tra 3-4 mesi la situazione quando arriverà il vaccino sarà devastante".


"Mi avrebbe fatto molto piacere vedere da parte delle istituzioni un maggior investimento nella sanità scolastica. Noi abbiamo perso completamente i medici delle scuole tanti anni fa. In un momento come questo si sarebbe dovuto investire" e "se c'è un contagio in una classe - osserva - mi pare abbastanza assurdo dover chiudere tutta la scuola. Si lavorerà intanto per capire questo ragazzo che tipo di contagio ha, se è un sintomatico o un asintomatico. Ci sono tante situazioni e i soggetti positivi a Sars-CoV-2 sono molto diversi l'uno dall'altro, e quindi io credo che sia giusto che ci sia una valutazione medica". Ecco perché si sarebbe dovuto investire in sanità scolastica, conclude l'esperto, pensando in particolare alla situazione "di scuole molto grandi".


"Il modello di Vo' Euganeo non è estendibile all'intero Paese. In quel caso si è isolato e testato un paese di 3mila anime, meno di coloro che lavorano all'ospedale San Martino di Genova. L'Italia non è Vo'. Senza contare le ricadute in termini di costi immediati per eseguire i tamponi e di lungo periodo su un'economia già in ginocchio" sottolinea l'infettivologo.


"Ha senso fare tamponi a tutti?", si chiede l'esperto sulla sua pagina Facebook, riflettendo sulla "proposta di alcuni microbiologi", che sarebbe al vaglio del Comitato tecnico scientifico, di aumentare il numero di questi test dagli attuali 75-100mila a 300mila. E argomenta: "In un documento del 24 agosto il Center for Disease Control di Atlanta (Cdc)", ente statunitense punto di riferimento per il controllo delle malattie infettive, "chiarisce che il tampone non andrebbe fatto agli asintomatici né ai contatti di casi certi. Non c'è alcuna esigenza di testare gli asintomatici, perché la carica virale è molto più bassa".


Al ritmo di 300mila al giorno, ribadisce Bassetti, "in 6 mesi avremmo testato l'intera popolazione italiana. Non serve, sia perché l'esito potrebbe mutare nell'arco di pochi giorni o ore, in caso di contatto con un infetto, sia perché ci pone di fronte a un dilemma: se fossimo tutti positivi, anche gli asintomatici, dovremmo chiudere tutto? Se avessimo il 3-4% della popolazione italiana positiva cosa faremmo?". E a scuola? "Se volessimo essere sicuri che nessuno abbia il virus dovremmo eseguire i tamponi su tutti, tutti i giorni: è impossibile", osserva il direttore della Clinica malattie infettive dell'ospedale San Martino.